pubblicato il 23/04/13


 

Mike George

Se qualcuno ti dicesse che sei sempre felice anche se provi sentimenti di disperazione e sei, come si dice ‘giù di morale’, gli crederesti?
Se qualcuno ti dicesse che la felicità è la tua vera natura, implicita, originale ed eterna, nonostante le maniere prevalentemente artefatte o le tristi realtà del lunedì mattina, gli crederesti? Se qualcuno ti dicesse che il santo graal della felicità è sempre stato nel tuo cuore, nonostante il mondo ti voglia convincere che lo puoi trovare solo in un centro commerciale, gli crederesti?

Quasi tutto ciò che facciamo e perseguiamo è motivato dalla ricerca della felicità. Eppure sembra che nessuno sia stato in grado di spiegarci che cosa sia esattamente la felicità o come sperimentarla esattamente. Di conseguenza, essa è stata confusa con molti sentimenti, oscurata da molte false promesse e persa nelle nebbie di tante illusioni.

La felicità è uno stato d’essere. Ma è difficile dare una descrizione precisa di felicità in quanto è uno stato che si ‘sente’ e le parole che usiamo per i vari sentimenti variano di significato da persona a persona. Ma così va comunque. Vedi se lo ‘senti giusto’ per te!

Se per una momento ti fermi a riflettere su cosa sia la felicità, è probabile che verranno fuori tre sentimenti prevalenti: contentezza, gioia e grande felicità. Non la contentezza soporifera della pigrizia, non il gridolino eccitato di gioia di quando nasce un bambino, non la beatitudine indotta da una sostanza o di quando la squadra del cuore vince! Allora, di quale gioia, contentezza e beatitudine si tratta? 

La vera felicità implica una contentezza che si prova naturalmente quando niente e nessuno ci disturba. Non ci sono più molle che scattano! E’ una gioia che è possibile solo quando non ‘desideri’ più niente o nessuno semplicemente perhé ti sei reso conto che non hai più ‘bisogno’ che qualcuno o qualcosa ti ‘renda’… felice! La gioia si prova nei momenti in cui riesci ad accettare tutti come sono e tutto come è, sempre e dovunque. Ricorda che accettare non vuol dire che sei d’accordo con gli altri o che condoni quello che gli altri hanno fatto. Si tratta di una serena accettazione che nasce dal riconoscimento che tutto si sta svolgendo esattamente come dovrebbe. Sembra facile, ma non lo è, semplicemente perché il lavoro che dobbiamo fare include non solo il non attaccarci ad alcuna idea di come vorremmo che il mondo e la gente fosse, ma anche non identificarci con qualcosa o qualcuno del mondo!  Non si tratta di un cambiamento di poca conto!

La vera felicità include una Gioia che nasce profondamente dall’intimo quando sei impegnato nel processo di realizzazione dello scopo per il quale tu/noi esisti/ esistiamo, e cioè quello di ‘essere creativi’. Non creativi in termini di pittura e poesia... ma nella forma più profonda di creatività che è quella di portare la tua vera natura, il tuo vero stato, che è pacifico e amorevole, nel mondo in forme diverse, incluse le forme delle intenzioni, le forme dei pensieri, le forme dei comportamenti e le forme degli atteggiamenti. Sono queste le forme principali che tutti noi creiamo. Sono le forme della vita e del vivere che ciascuno di noi ha l’opportunità di creare semplicemente perché è vivo. Ma il riconoscimento di questo livello di creatività avviene solo quando comprendiamo che non siamo ‘forme fisiche’ ma siamo l’energia della coscienza.  Qualcuno chiama questa energia anima o spirito. Molti riconoscono che si tratta dell’energia che anima e si ‘manifesta’ attraverso la forma fisica che occupiamo. La gioia comincia a scaturire dall’intimo quando c’è la comprensione che non sono venuto per avere una vita, ma per crearmi una vita con gli altri.

La vera felicità include l’Estasi che proviamo finché rimaniamo interiormente liberi.

Osserva e ascolta i piccoli storni quando, nelle calde serate estive, imparano a volare. Ascoltali quando cinguettano felici mentre attraversano il cielo a zig zag. Si stanno godendo la loro libertà di volare. E’ una grande metafora per lo spirito, per noi stessi. Anche noi assaporiamo la delizia e la benedizione di questo genere di libertà, ma solo occasionalmente. Perché? Perché per la maggior parte del tempo non siamo interiormente liberi. Perché? Perché impariamo ad attaccarci e perciò abbiamo paura di perdere l’oggetto/gli oggetti del nostro attaccamento. E’ l’attaccamento che ci tiene ancorati e tuttavia insicuri. Siamo noi che mettiamo a repentaglio la nostra libertà interiore con qualsiasi forma di attaccamento. Quando c’è attaccamento c’è paura e dove c’è paura non vi può essere la beatitudine della vera felicità.

Lo stato naturale di Felicità

C’è un’idea, alcuni la chiamano visione, che dice che la coscienza (il sé), scaturisce come l’acqua pura e naturale, libera da tossine o qualsiasi forma di inquinamento. E’ solamente con il passare del tempo, dopo che l’acqua avrà  raggiunto la terra dalle nubi del cielo, che comincia ad assorbire e a essere inquinata da tossine varie. Il risultato è che essa perde la sua purezza, la sua naturalezza. Il suo stato originale è compromesso. Oggigiorno siamo molto consapevoli delle tossine che la nostra acqua contiene e tante persone spendono molti soldi in sistemi di purificazione al fine di non avere la salute compromessa. Questi sistemi cercano di estrarre le sette tossine che si ritrovano nell’acqua del rubinetto: fluoride, cloro, sostanze radioattive, farmaceutiche, cromo, metalli pesanti e arsenico, ma probabilmente ve ne sono molte altre!

Potrebbe questo processo essere simile a quello che chiamiamo felicità? Potrebbe essere che la felicità sia uno stato di coscienza puro, originale e naturale? Potrebbe essere che la nostra coscienza sia stata inquinata e compromessa da tossine varie? Nessuno di noi può conoscere la risposta se prima non abbiamo fatto una verifica, investigato e osservato per conto nostro, nel laboratorio della nostra coscienza, il nostro sé. Libri e articoli, seminari e ritiri possono ‘aiutarci’, pratiche di meditazione e contemplazione possono guidarci per vedere nella giusta direzione, per riconoscere se sia vero o no. Ma sarà solo quando avremo ‘visto’ e realizzato’ da noi stessi che cosa insidia la ‘nostra felicità’. il nostro stato puro e felice, che potremo ripulirci dalle tossine e liberarci.

Uno degli scopi principali di una consulenza efficace è quello di aiutare l’assistito a porsi le domande giuste in modo da mettere in evidenza la propria auto-consapevolezza e coltivare le ‘realizzazioni interiori’ di ciò che sta ostacolando la sua felicità. Adesso verifichiamo la teoria che ‘la felicità è naturale’ e vediamo se riusciamo a trovare le domande giuste che, quando usate su noi stessi, possano aiutarci a riconoscere le tossine nella nostra coscienza che stanno inquinando e avvelenando lo stato naturale della nostra felicità.

Anche se l’acqua che esce dal rubinetto ‘sembra’ pura, siamo tuttavia consapevoli  che non lo è. Lo stesso è per lo stato della nostra felicità. Quelli che ‘sembrano’ essere sentimenti di felicità di solito non sono stati di vera felicità naturale. Alcuni segnali che la felicità che noi crediamo di stare sperimentando non è felicità autentica sono che i nostri sentimenti di solito dipendono da qualcosa o da qualcuno di ‘esterno’. Non dura perché ciò che crediamo sia felicità va e viene, aumenta o diminuisce di intensità, non dà energia ma, con il tempo sfibra.

Se si esaminano questi sintomi, si nota che qualcosa di tossico ha inquinato la coscienza. Queste tossine si chiamano ‘credenze’ C’è una varietà di ‘credenze tossiche’ che sono alla base dell’abitudine di creare ‘falsa felicità’. Vi sono sette credenze tossiche che si sono stabilizzate nella nostra coscienza. Queste sono tossine comuni che tutti tendiamo ad assorbire soprattutto quando siamo piccoli. Vedi se ne riconosci qualcuna dentro di te.

Credenza Tossica n°1 – Possedere mi rende felice!

Crediamo che se acquisiamo certi oggetti, certi ‘partner’, poi otterremo felicità. Invece la maggior parte delle persone che hanno ottenuto più di quello di cui avevano bisogno di solito confermano che tali acquisizioni portano solo una felicità temporanea nel migliore dei casi, e un falso senso di sicurezza nel peggiore. Portano anche un aumento del senso di responsabilità perché ci sono più cose a cui pensare, il che per molti significa ‘preoccuparsi’! E se non stiamo attenti useremo facilmente le nostre acquisizioni per crearci una immagine falsa di noi stessi in modo da far impressione sugli altri. Confondiamo la nostra ricchezza economica con il nostro valore! Tuttavia cercare di essere felici può essere un modo che crea dipendenza perché c’è sempre quel brivido iniziale per una nuova conquista. Ma si esaurisce sempre. Perciò la credenza tossica che l’acquisizione porti felicità deve essere eliminata, altrimenti potremmo diventare dipendenti dall’accumulare!

Domande su cui riflettere: Che cosa vuoi ottenere che credi ti renderà felice? Fa un elenco. Poi domandati se sei sicuro che queste cose ti daranno vera felicità.

Credenza tossica n° 2 – Conquistare mi rende felice

E’ una credenza che ci fa continuamente creare obiettivi poi usare tempo ed energie per lottare e darsi da fare per conquistarli. Non è poi una cosa sbagliata, direbbero alcuni. E’ importante tener d’occhio le energie, direbbero altri. Tuttavia, quando crediamo che la conquista ci porterà felicità e concentriamo tempo ed energia su di essa, tendiamo a fare due cose che ci assicureranno l’infelicità. Tendiamo a differire la nostra felicità finché non avremo raggiunto la meta. Probabilmente creeremo lungo il cammino la paura di non riuscire. A volte si fa strada una credenza più sottile che dice che meritiamo di essere felice. Devi darti molto da fare per essere felice, devi guadagnarti la tua felicità, perciò devi ottenerla, ed è ciò  a cui ci si riferisce spesso come etica del lavoro dei protestanti Scozzesi!

La domanda da porsi è: Che cosa ti proponi di conquistare che credi ti renderà felice? Fa una lista. Poi domandati se sei sicuro che queste conquiste ti renderanno felice.

Credenza Tossica n° 3 – Sentirsi eccitati è felicità

Tendiamo ad apprendere questa credenza quando siamo molto giovani. I genitori ci passano l’illusione che l’eccitazione sia felicità quando ci portano al circo o allo stadio per la prima volta. Loro si eccitano e la chiamano felicità e quindi li crediamo. Non sanno che cosa ci insegnano! L’eccitazione è ciò che accade quando l’acqua bolle. Le molecole sono eccitate, sono agitate. La  felicità per un essere umano non è agitazione. La felicità, come abbiamo visto prima, è uno stato di gioia che fluisce naturalmente dal nostro cuore e si riversa sul mondo.

La domanda da porsi è: Che cosa usi per eccitarti credendo che ti renda felice? Fa un elenco. Poi domandati se queste eccitazioni siano vera felicità.

Credenza Tossica n° 4 – La felicità dipende dagli altri

Tutti conosciamo  momenti in cui abbiamo detto:”Sono stata tanto contenta quando hai detto quella cosa! Mi hai fatto molto felice.” Ma è vero? E’ qualcun altro che ti rende felice? Sembra così. Ed è quello che a molti di noi è stato insegnato. Dimentichiamo che siamo noi i responsabili del nostro stato d’essere, e quindi della nostra felicità. Quando facciamo dipendere i nostri sentimenti  da ciò che gli altri dicono e dal loro comportamento verso di noi, questa è la tossina più difficile da eliminare nella nostra coscienza. Una domanda può dare inizio al processo di auto-liberazione: Chi esattamente è responsabile della mia felicità personale? Riesci a sentirti bene qualunque cosa un altro dica o faccia? Che cosa dentro di noi è così dipendente da ciò che gli altri dicono o fanno? Forse un’altra domanda utile potrebbe essere: Che cosa ‘sembra’ che manchi dentro di noi? Che cosa sta offuscando la nostra consapevolezza della nostra contentezza naturale?

La domanda da porsi è: Da che cosa dipendi nella tua vita per possa renderti felice? Fa un elenco. Poi domandati: queste cose mi rendono veramente felice? Sono veramente loro responsabili della mia felicità? 

Credenza Tossica n° 5 – La felicità è il risultato dell’attaccamento

“E’ mio, sono miei, questa è la mia casa, la mia auto, i miei soldi, il mio compagno, i miei figli”. Sono solitamente questi i momenti in cui stiamo dicendo in realtà che abbiamo bisogno di essere attaccati a queste cose per essere felici. Come facciamo a sapere che tutto questo ‘mio’ , tutti gli attaccamenti, ci porteranno felicità? Perché vi saranno frequentemente dei momenti di ansia, tensione, preoccupazione e persino panico dovuti alla ‘ paura’ di perdere ciò a cui siamo attaccati. Ciascuno di questi momenti è un momento infelice. E’ solo che in qualche modo impariamo a tollerare tali sentimenti e persino a credere che siano ‘naturali’. Potremmo persino vedere un film di orrore, provare i sentimenti di terrore che provocano e arrivare a chiamarli felicità quando raccontiamo agli altri come è stato bello il film!

La domanda da porsi è: A che cosa sono attaccato che credo mi dia felicità? Fa un elenco. Poi domandati: sono sicuro che mi fanno felice e potrei essere felice senza di essi.?  Se no, perché no?

Credenza tossica n° 6 – La felicità è sollievo dal dolore e dalla sofferenza

Forse la confusione più comune riguardo alla felicità è quando il dolore e la sofferenza passano e diciamo:”Sono felice che il dolore sia passato”. Ma il sollievo dal dolore non può mai essere felicità autentica, ma solo una temporanea riduzione della infelicità. La vera felicità è possibile solamente quando sappiamo accettare l’inevitabilità del dolore fisico e quando ci rendiamo conto e applichiamo la saggezza di non creare ulteriore sofferenza.  Il dolore è fisico ed è per questo che ad un certo punto capiterà inevitabilmente. Ma la sofferenza è mentale ed emotiva il che è sempre una creazione personale. E’ solo che è difficile vedere attraverso la nebbia della illusione principale che sono gli altri i responsabili dei nostri sentimenti. Quando ci riusciamo, ha inizio la fine della nostra ‘sofferenza’ la quale in realtà è fine della infelicità.

La domanda da porsi è: A quali forme di dolore cerco di por fine affinché io possa essere felice? C’è un elenco? Puoi decidere di accettare il dolore adesso, in questo momento? Riesci a discernere in che modo fai soffrire te stesso?

Credenza Tossica n° 7 – La felicità è possibile solo quando c’è successo

Poiché siamo stati brillantemente condizionati a credere che il mondo e la vita siano competitivi a livello innato, molti si formano la credenza che aver successo equivalga a vincere. Ciò potrebbe includere, e di solito è così, conquistarsi la propria sopravvivenza! Perciò viviamo con la paura di perdere, la paura di non sopravvivere, le quali creano parecchi momenti infelici: Poi cominciamo a confrontare il nostro grado di successo con il successo degli altri, provocando ulteriori momenti di infelicità!

Cercare di avere oggi più successo di ieri, più successo degli altri, è ciò che rende la vita un viaggio ultra serio, una spedizione priva di gioia, un soggiorno infelice. Basta guardare solo le facce dei nostri cosiddetti eroi sportivi quando partecipano alle gare in nome del ‘successo’ per notare l’assenza di una felicità autentica e naturale. Eppure crediamo che il loro successo arrechi loro moltissima felicità! Poi cominciamo a credere che il dolore dello sforzo sia la sola via per il successo e perciò per la felicità. E cominciamo a renderci estremamente infelici allo scopo di essere felici!

Si può solamente ridere…quando la si vede sotto questa luce!

La domanda da porsi è: Per quale tipo di successo sto lottando credendo che mi darà felicità? Fa un elenco. Poi domandati: sono sicuro che mi porterà felicità autentica, reale e naturale? Se no, perché no?

Probabilmente vi sono più di sette credenze tossiche che contaminano la nostra coscienza e disturbano il nostro stato di naturale contentezza, di pura gioia, di originale beatitudine. Ma il riconoscerle e il rendersi conto del modo in cui ci provocano sentimenti di scontentezza, privazione di gioia e frequenti momenti di malumore è il primo passo verso la purificazione della coscienza. Così come valutiamo la purezza dell’acqua confrontandola con quella inquinata, così il processo spirituale di purificazione della nostra coscienza include l’eliminazione delle tossine che sono state assorbite lungo il tragitto.

Le domande forniscono degli spunti di riflessione che possiamo usare per approfondire la nostra consapevolezza. Tuttavia, è ugualmente necessario trascorrere del tempo in uno stato di coscienza più profondo. E’ nei momenti di meditazione che è possibile toccare e assaporare il nostro stato d’essere originale e non inquinato. Più lo facciamo più diventa facile riconoscere, togliere ed eliminare qualsiasi cosa inquini questo stato.

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