pubblicato il 21/10/13

Come si può spiegare una tale dicotomia nella propria realtà interiore, emozioni che vanno dal pianto alle risate, dall’odio alla misericordia?
Sarebbe come dire che abbiamo una parte “angelica” e una parte “diabolica”.. ovvero una parte positiva e amorevole e una negativa e violenta.

Non siamo due persone ma solo una, con un bel bagaglio di aspetti negativi chiamati difetti e di aspetti positivi chiamate qualità e virtù.  L’angelo e il diavoletto spesso propongono una visone diversa, una interpretazione diversa della realtà, in netto contrasto, perché il primo sostiene la coscienza che sei e il secondo la personalità che hai acquisito. Ma per fortuna c’è un solo sé, c’è un sola identità che sono io!

Ci sono tante storie in cui qualcuno di buono perde il controllo e agisce male, e storie di persone con tendenze negative o delinquenti che ritornano ad essere “buoni”. La spiritualità non ne fa una questione di morale né di buonismo, ma piuttosto di consapevolezza. 

La spiritualità propone una finestra diversa dalla quale osservarci. Vediamo alcune credenze e l’effetto che ci fanno.

  1. Potremmo credere che siamo ambedue, bene e male, positivo e negativo: se questo fosse vero il male e la sofferenza sarebbero un piacere, ma non lo sono. Ci piacciono le cose belle, ci toccano atteggiamenti di umana bontà, ci alleviano comportamenti sani e etici.. quindi ciò che è negativo e violento non sembra risuonare con la nostra identità innata, intrinseca e eterna.
  2. Alcuni credono che eravamo peggio (scimmie…) e stiamo evolvendo, cioè che oggi siamo migliori di ieri. Ma il livello di valori che calibra l’energia dell’umanità non sembra confermare questa teoria, anzi l’uomo sembra più “scimmia” che mai!  Perciò, se fosse il contrario? Ovvero se fossimo partiti da uno stato elevato per arrivare a quello che siamo oggi, considerando la legge dell’entropia che ci ricorda che una realtà inizia dall’ordine per finire al disordine?
  3. Diciamo che poco importa quello che eravamo, ma vediamo la credenza che impera nella mia mente oggi, su di me.. come mi vedo? E quanto è importante per me come mi vedono gli altri? E gli altri mi vedono veramente o vedono quello che vogliono vedere, cioè quello che interpretano e che potrebbe essere solo un loro “film”?

È molto importante ricordare un principio spirituale che è proprio il principio/inizio di una cammino di sviluppo e crescita personale: ovvero che il peggio che esprimo è decisamente parte solo della mia personalità. NON è parte della mia IDENTITA’ di anima, tanto da non riconoscerlo come eterno, bensì come una modalità caratteriale acquisita sulla via chiamata esperienza o vissuto. Mentre viviamo, così tante realtà sono registrate nella nostra memoria e nel subconscio che in India è chiamato CHIT.

Piccolo esercizio: prova a dire:

io HO rabbia ma non sono rabbia…  io SONO un essere di pace
io HO un senso di tristezza ma non sono tristezza,
Io SONO un essere felice perché questa è la mia natura
io HO paura, ma non sono paura, io SONO coraggiosa! 
E se cerco nella mia memoria posso trovare tanti esempi di coraggio… quindi c’è già.. è in me. Ma non sempre si fa presente, perché la paura prende il sopravvento…

Cosi potremmo riassumere:

Il peggio di me HA rabbia – il meglio di me è comprensivo e distaccato
Il peggio di me HA indifferenza – il meglio di me è libero
Il peggio di me HA troppa sensibilità e fragilità – il meglio di me è forte
Il peggio di me HA egoismo e egocentrismo – il meglio di me è generoso e vero
Il peggio di me HA insensibilità – il meglio di me è empatico, umano e persino divino
Il peggio di me HA avidità  – il meglio di me è benevolenza
Il peggio di me HA diffidenza  – il meglio di me è fiducioso
Il peggio di me HA  reazioni di intolleranza – il meglio di me è accomodante e amorevole
Il peggio di me HA aggressività – il meglio di me è calmo e rispettoso

e cosi via….

Conosco la parte migliore e la esprimo o subisco la parte peggiore?

Come mi sento quando dico Ho aspetti negativi ma SONO gli aspetti positivi?

Nella consapevolezza che l’anima ha una dimensione innata di bontà, perciò ci piace e la ricerchiamo.
Come a livello fisico il corpo ha bisogno di acqua perché è fatto di acqua in alta %, così l’anima ha bisogno di amore, di pace e di gioia, perché è fatto di questa qualità innate.
L’anima è forte, l’anima è pura, l’anima è vera e solo quando si riposizione in questa coscienza, riesce a risalire la scala che ha disceso, verso la ricostruzione del suo auto rispetto, della sua consapevolezza.

3 verbi sono importanti: ricordare, dimenticare e diventare. E forse un quarto è altrettanto vitale: meditare.

Una conoscenza spirituale (es. chi sono ecc..) riattiva il “chip” eterno che contiene il DNA dell’anima. Così ricordo chi sono, dimentico ciò che non sono e divento indubbiamente migliore.  Meditare è riconnettersi, con entusiasmo, è imparare a far morire quel peggio di me che danneggia dentro e fuori. 

Il meglio ritorna, rinasce dalle ceneri, quando permetto al peggio di me di morire. Come farebbe la fenice, muore per rinascere migliore e ripartire meglio di prima e più di prima.

Come si può spiegare una tale dicotomia nella propria realtà interiore, emozioni che vanno dal pianto alle risate, dall’odio alla misericordia? Sarebbe come dire che abbiamo una parte “angelica” e una parte “diabolica”.. ovvero una parte positiva e amorevole e una negativa e violenta.

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Commenti

Icona utente Eva Benedetto il 03/11/15
Grazie di cuore per le vostre parole che ogni giorno mi accompagnano e mi nutrono nel mio lento cammino

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