Recensione Articoli

I Sette Contenitori di Valori

pubblicato il 17/01/16

Mike George

Da tanto tempo facciamo della finanza, degli oggetti materiali e delle esperienze sensoriali il criterio di ‘valutazione’ principale. Ci viene frequentemente detto che ‘più’ è meglio e di conseguenza il ‘valore’ viene misurato in termini di grandezza e di quantità. È per questo che viviamo in un mondo in cui quantità è confuso con qualità.

Se la nostra azienda ha un volume maggiore di alcuni ‘elementi’, acquisisce un maggior ‘valore’ finanziario in borsa. Il valore del suo impatto sulla società è quasi ignorato. Gli indici vengono elaborati confrontando la ricchezza relativa di persone che essendo tutte ugualmente ricche rendono i confronti quasi senza senso. Cento miliardi possono essere un grande ‘valore materiale’, ma questa fortuna personale è veramente più soddisfacente, perciò di maggior’ valore ‘personale’, di quello di cinquanta miliardi?

Persino nel mondo dell’arte il valore tende ad essere misurato usando un metro di misura quantitativo. Si dà per scontato che Ricasso sia il più grande artista del XX secolo perché i suoi quadri hanno prezzi elevatissimi e perciò vengono percepiti di grande valore. Ma anche se gli esperti giudicano che un quadro costoso abbia un valore superiore a quello di uno di costo inferiore, di sicuro è sempre l’occhio dell’osservatore che ne decide il valore. Semplicemente perché il ‘vero valore’ è dovuto ad un criterio estetico personale (qualità) e non ad una data definizione finanziaria (quantità).

È ovviamente impossibile valutare in maniera numerica/quantitativa quegli aspetti della nostra esperienza di vita a cui noi diamo un grande valore, per esempio quello di essere in pace nella mente e nel cuore, dare e ricevere amore, comprendere ciò che è vero ed essere in grado di generare la propria felicità. In quella parte dell’universo che spesso chiamiamo la nostra coscienza, cioè la dimensione spirituale, la quantità più tangibile NON ha un valore maggiore delle qualità interiori intangibili.  

Confusione, conflitto e crisi dei valori

Sembra che ci sia un malinteso circa la parola ‘valore’ pertanto il suo vero significato ne viene oscurato e spesso perduto. E’ da questo che ha origine la confusione dei valori a livello individuale, il conflitto di valori a livello collettivo e la crisi di valori come vengono frequentemente percepiti nella stessa società. Una causa e una conseguenza di tale perdita di significato è quando l’idea di valore e valori vengono confusi e mescolati a concetti quali le necessità, i desideri, gli attaccamenti e le credenze.

Un bisogno nasce dentro di noi quando sentiamo e crediamo che qualcosa ci manca. A livello fisico, il livello materiale, possiamo dire di aver bisogno di un’auto se non abbiamo un mezzo di trasporto che ci porti da A a B ogni giorno. Ma possiamo non essere completamente onesti con noi stessi se vi sono altri mezzi per fare il viaggio. In verità, probabilmente, il nostro bisogno è un desiderio nascosto. Un bisogno non è un desiderio. Ma potremmo mistificare il nostro bisogno di un’auto dicendo:”Ritengo importante avere un’auto per andare a lavorare”. In verità sarebbe un bisogno genuino se non vi fossero altri mezzi.

Sarebbe un desiderio se vi fosse la credenza che l’auto aggiungerebbe qualcosa all’immagine di noi stessi o se ci rendesse in qualche modo felici. L’auto sarebbe un vero valore se la vedessimo in funzione del suo servizio di portarci da A a B. E’ vero che se la vendessimo la valuteremmo in termini quantitativi attribuendole successivamente un valore monetario. Quindi abbiamo due tipi di valore. Uno è qualitativo in rapporto alla convenienza e alla comodità personale di viaggiare. L’altra è quantitativa in termini monetari.

Valore e attaccamento

Nella vita pratica gli oggetti materiali come le automobili vanno oltre i termini utilitaristici. Esse ci vengono vendute non solo in quanto funzione ma anche in quanto attrattiva. E’ quando compriamo un’auto per varie ragioni (dimensione, comfort, convenienza, economia, prestigio, stile ecc.) che le linee tra valore, necessità, desiderio, attaccamento si confondono. L’auto sembra soddisfare un bisogno che in realtà è un desiderio, il quale si concretizza in una bella auto o viaggiare nell’eleganza del lusso. L’auto quindi diventa un attaccamento, qualcosa di desiderato solo per il suo costo e non per il suo aspetto, e pertanto è una funzione di estensione della propria auto-immagine. Quindi l’auto diventa una forma di dipendenza. Ciò a cui non facciamo caso è che una delle ragioni principali per cui siamo vaghi nei confronti dei nostri valori è che non ci rendiamo conto che non appena ci sia la presenza di attaccamento o di desiderio nella nostra coscienza ciò rende quasi impossibile fare valutazioni, cioè occuparci veramente di qualcosa o di qualcuno.

Come facciamo a saperlo? Quando accade qualcosa all’oggetto dell’attaccamento, indifferentemente una cosa o una persona, noi creiamo sofferenza emotiva.  Oppure quando la persona sulla quale riversiamo apparentemente la nostra attenzione non fa o non è ciò che desideriamo, creiamo sofferenza emotiva e ce la prendiamo con lei per la nostra sofferenza. Da notare che quando soffriamo emotivamente e ce la prendiamo con gli altri per il nostro stato emotivo, non possiamo prenderci cura. In tali momenti non siamo in condizioni di fare valutazioni

Valore è un verbo non un nome!


Una delle definizioni più semplici di valore è essere importante. Nel suo vero significato valore è un verbo, non un nome! Ciò che per te è importante è ciò di cui ti prendi cura, da non confondersi con preoccuparsi (preoccuparsi è temere, non è aver cura di). Quando per noi l’amicizia è importante, ci prendiamo cura dell’altro e ci prendiamo cura della relazione (ci interessa), probabilmente in maniera più profonda di altre relazioni. Da non confondersi con attaccamento! Espandere l’interesse verso una cosa, cioè dare valore, significa che il sé deve essere senza egoismo o senza le sue manifestazioni emotive quali la rabbia o la paura.

Se qualcuno fa un danno all’auto e reagiamo con rabbia è una reazione di egoismo che estende la rabbia verso un’altra persona. Non è segno che ci interessa l’auto, o che ci interessa la persona, NON è segno che diamo valore all’auto, anche se così può sembrare! E’ segno che ce la prendiamo personalmente e ci sentiamo feriti solo perché un pezzo di metallo è stato danneggiato. Siamo dispiaciuti solo per noi stessi, dei nostri sentimenti. Non diamo valore all’auto ma siamo attaccati all’auto. In questo modo confondiamo valore con attaccamento.

Allo stesso modo, quando diamo valore ad un’altra persona estendiamo verso l’altra persona l’amore come valore. Ci interessa. La cura è amore in azione. Ma se diventiamo gelosi quando parla con qualcun altro, o veniamo irritati dal suo comportamento, l’amore va perso, la cura scompare, e noi non le diamo più valore, come si rende evidente dall’animosità, il risentimento e la rabbia che nutriamo nei suoi confronti. In verità, probabilmente, non le ho mai dato valore, cioè me ne sono veramente curato, ma molto più probabilmente le ero solamente attaccato, avevo bisogno di qualcosa che improvvisamente mi è stata negata. E così le linee di separazione tra valore, attaccamento e dipendenza si confondono.

Il linguaggio può avere un ruolo importante riguardo alla nostra capacità di far chiarezza riguardo ai nostri valori. Quando oggettiviamo e pluralizziamo i nostri valori, implicitamente diciamo che i valori sono solo cose che possono essere quantificate, e pertanto rese oggetti e ottenute. Ma valore non è un nome, è un verbo. Dar valore non è qualcosa che si ottiene o si possiede. E’ qualcosa che si fa.

Il valore è qualcosa che attribuiamo ad un oggetto o a una relazione, o a qualcosa del genere. Ovviamente siamo a livello materiale. Attribuiamo il valore di due euro o due dollari a un kilo di mele, o di duemila euro/dollari ad un’auto. Ma non è facile vedere in concreto il processo del valutare a livello non materiale circa le realtà meno visibili come la lealtà, il rispetto, la fiducia ecc. In un mondo in cui ci viene insegnato a focalizzarci e spesso a fissarci su ciò che è materiale, tendiamo a imparare che i nostri valori vengono definiti da oggetti come auto e case. E così i valori tendono a diventare cose. Pochissimi imparano che dar valore è qualcosa che si fa. Ma è qualcosa che si può fare propriamente quando non vi sono attaccamenti o dipendenze. Riceviamo pochissima educazione riguardo all’attribuire valore.

I Sette Contenitori di Valori

Noi esploriamo e manifestiamo i nostri valori personali attraverso le scelte che facciamo. In che modo rispondiamo se veniamo confrontati con la scelta tra un certo numero di beni non materiali ma tuttavia importanti? Potremmo scoprire che alcune cose sono di pari valore, e non sappiamo deciderci tra loro.

Ecco un esercizio interessante.

Immagina una mensola con sopra sette contenitori. Vicino ad essi c’è un folletto in attesa che tu gli dia uno dei sette contenitori, e sai che egli può ritornare più volte in futuro prendendo un contenitore alla volta fino a quando non ne rimarrà uno solo. Immagina con precisione i contenitori Dovrai decidere in quale ordine sei pronto a lasciarli andare in base al valore che ‘attribuisci’ a ciascuno di essi. In altre parole devi stabilire l’ordine di priorità degli oggetti in senso ascendente in relazione al valore che attribuisci al contenuto di ogni barattolo.
1- il primo contenitore è come una bottiglia di profumo, e contiene un balsamo magico, che ti lascerà andare tutte le preoccupazioni.
2 – Il secondo ha la forma di un uccello bellissimo nell’atto di spiccare il volo, e contiene pensieri positivi.
3 – Il terzo è una scatola ancora incartata, e contiene i buoni auspici che auguri ai tuoi amici.
4 – Il quarto contenitore è di semplice argilla sulla cui superficie si sono dei motivi arcaici. Esso contiene la saggezza antica riguardante il modo preciso di operare dello spirito che tu sei.
5 – Il quinto ha la forma di una sfera, tenuta in equilibrio sulle spalle di una figura di porcellana, e contiene il sostegno emotivo da parte dei tuoi amici.
6 – Il sesto è di vetro trasparente, ricoperto di diamanti, contenente i talenti creativi.
7 – Il settimo ha la forma di due mani in preghiera e contiene le benedizioni dei tuoi genitori.

Scegli il contenitore che daresti via immediatamente, e poi decidi in quale ordine vorresti darli via in futuro, nel caso in cui ti trovassi nella necessità di farlo.

Nel fare le tue scelte, nota come ovviamente devi attribuire un valore ad uno o all’altro, in misura maggiore o minore rispetto al resto. Nell’attribuire un valore, nota quali sono i tuoi riferimenti interiori che ti danno la capacità di assegnare le differenze di valore. E’ una combinazione di pace, amore e verità . Deve esservi la pace per poter vedere, capire e riflettere chiaramente dentro te stesso – il che vuol dire che deve esserci assenza derivante dall’agitazione dovuta ai desideri.

Deve esserci amore per poter rimanere aperto e capace di discernere la qualità di ciascun contenitore ed essere in grado di ‘attribuire’ una qualità più profonda di ‘cura’ senza che vi sia dipendenza ad uno più che ad un altro. Ciò richiede che vi sia assenza di qualsiasi attaccamento che ti renderebbe chiuso, generando paura di perdere e quindi inquinerebbe le tue ‘valutazione’!

E deve esservi la presenza della verità nel senso che tu possiedi una conoscenza e una consapevolezza innata che ti permette di discernere quale di essi contribuirà di più al mantenimento dell’armonia in te stesso e con gli altri. Il che vuol dire che devi essere libero da ogni credenza pre-programmata circa il contenuto di ogni contenitore che possa interferire con la tua percezione di quanto precisamente sia sintonizzata ogni ‘bene’ con la verità.

Come è difficile questa faccenda dell’attribuire un valore! E’ interessante notare che nel processo di ‘attribuzione di valore’ mettiamo in evidenza ciò che spesso identifichiamo e riconosciamo come i nostri valori più profondi: pace, amore e verità., i quali vengono spesso indicati come ‘valori spirituali’. Ciò lascia intendere che ciò che per noi ha maggior valore è ciò che già abbiamo e siamo!

È probabilmente questa la ragione per la quale la virtù diventa valore a livello profondo dentro noi stessi. In ultima analisi sono la stessa cosa.. Non sono oggetti separati da noi ma nostra vera natura grazie alla quale noi possiamo dar valore a tutto il resto. Essi descrivono stati d’essere e se noi non fossimo/siamo ‘in’  questi stati d’essere essi non sarebbero presenti sia a livello di processo che di base per fare una valutazione e quindi non potremmo attribuire un valore in maniera chiara, trasparente e precisa.

In verità è grazie alla presenza dell’amore che ci è possibile attribuire valore. E la presenza dell’amore è possibile solamente in uno stato di pace.

In sintesi, noi non abbiamo dei valori, ma attribuiamo un valore. I valori non sono cose che possono essere estrapolate.

Possiamo attribuire un valore in maniera precisa quando siamo in uno stato di amore e di pace, diversamente esso verrebbe inquinato da pregiudizi e falsità. Quando oggettivizziamo i nostri valori confondiamo tali valori con gli attaccamenti e i desideri. Valorizzare è un verbo ancor prima di essere un nome.

Questo è il viaggio all’interno di questo territorio profondo e affascinante che si trova completamente dentro noi stessi.

Domanda: Che differenza c’è tra un valore e valorizzare?

Riflessione: Diciamo che per noi la libertà è un valore, ma un momento dopo la vanifichiamo quando diciamo che ‘odiamo’ qualcuno o qualcosa. Non notiamo che quando odiamo diventiamo schiavi dell’oggetto del nostro odio. In quel momento perdiamo la nostra libertà. Uccidiamo ciò che per noi è un gran valore, ma non ce ne rendiamo conto. Puoi trovare un altro esempio?

Azione: Questa settimana ripeti ogni giorno l’esercizio dei contenitori (su un foglio di carta) e vedi in che modo variano le ture risposte e perché.

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