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La gerarchia dei bisogni

pubblicato il 07/04/12
 

Hai dei bisogni? Ne sei sicuro? Secondo Maslow  (psicologo americano (1908-1970), esponente di spicco della psicologia umanistica e ideatore della cosiddetta Gerarchia dei Bisogni. ndt), il vangelo è noto come: Gerarchia di Bisogni. E pare che il vangelo sia diffusissimo nel mondo! Che abbiamo dei bisogni specifici in scala crescente, sembra che sia un insieme di verità ampiamente accettate e spesso citate in seminari, libri e conferenze che si interessano della nostra collocazione, scopo e funzione qui sul pianeta Terra! Raramente la validità di queste verità,  meglio definite come ‘Credenze di Maslow’   viene messa in discussione.

E allora facciamolo!

L’idea dei bisogni, e l’opinione che ne abbiamo, pochi o molti, sembra che sia diventata punto cardine di molte scuole di psicologia e psicoterapia, e anche di altre terapie. Tuttavia la spiritualità si pone in maniera diversa. Alcuni dicono che da un ‘punto di vista spirituale’ noi, in definitiva, non abbiamo alcun bisogno. Il nostro corpo ha dei bisogni, ma noi/io/voi non ne abbiamo!Questo perché, da un punto di vista spirituale, siamo spirito e non forma. Da un punto di vista psicologico/terapeutico, noi siamo entità psico-fisiche, il che essenzialmente significa che corpo e sé sono percepiti alla stessa maniera- da qui l’idea, nella Gerarchia di Maslow, che i nostri bisogni primari sono basati sul nostro essere entità fisiche con una identità fisica.

Esaminiamo allora come la risposta spirituale alla vecchia domanda Chi Sono? (spirito e non forma) possa dare un nuovo significato alla Gerarchia di Maslow. Come prima cosa, riassumiamo la gerarchia. Secondo Maslow il nostro bisogno primario è di natura biologica/fisica, cioè il bisogno di cibo, acqua, riparo e calore. Poi c’è il bisogno di Sicurezza, protezione e ordine. Una volta soddisfatti risaliamo al bisogno del Senso di Appartenenza al fine di acquisire e sentire amore. Poi c’è il bisogno di Stima, basata su cose come possessi, status e reputazione. E infine il massimo bisogno, che potrebbe essere il più profondo, il bisogno di Auto-realizzazione, che viene tradotto in molti modi inclusa la crescita personale e il senso di appagamento.

I Bisogni Biologici/Fisici Fondamentali     

Anche a livello fisico più elementare la ‘prospettiva spirituale’ può mettere un po’ in dubbio la veridicità delle idee di Maslow. Dal punto di vista spirituale, quando otteniamo cibo/riparo/abbigliamento ecc. non lo stiamo facendo per ‘me’ ma per il nostro corpo. La nostra prima responsabilità è per il nostro corpo. Il nostro corpo ha dei bisogni. Il nostro bisogno è di prendercene cura. Quando facciamo una distinzione tra ciò che talvolta viene chiamato ‘sé autentico’ e il ‘mio corpo’, smettiamo di identificarci con il nostro corpo. Già il solo ‘cambiamento di identità’ è in grado di ridurre il livello delle nostre insicurezze. Ciò è possibile solo quando il sé realizza di essere una entità spirituale che non ha bisogno di aria, cibo o riparo ecc. Se bisogno c’è,  questo suona più come “Devo prendermi cura del mio corpo”. Il che è completamente diverso da “Devo prendermi cura di me!” Dare cura al proprio corpo è completamente diverso da desiderare qualcosa per me! Dare e prendersi cura nascono dall’amore mentre il desiderare affonda sempre le sue radici nella paura e nell’insicurezza. Ciò significa che la ‘prospettiva spirituale’, cioè la realizzazione di sé come spirito e non come corpo, può definitivamente liberarci dalla paura (insicurezza) di non veder realizzati i nostri bisogni. Ci libera inoltre dalla ‘mentalità della sopravvivenza’ permettendoci di agire da una intenzione più elevata che è il ‘prendersi cura’.


Il Bisogno di Sicurezza


Una delle osservazioni più comuni che emergono dalla consapevolezza di sé come entità invisibile e spirituale, che anima e si esprime attraverso una forma materiale, è la ‘permanenza dell’essere’. Ci vuole pochissimo (con un po’ di pratica) a notare che tutto cambia. Tutte le ‘cose’ vanno e vengono. Le ‘cose’ materiali, incluse tutte le forme ‘là fuori’, vanno e vengono. Le ‘cose’ mentali, inclusi tutti i pensieri e sentimenti ‘qui dentro’, vengono per passare…letteralmente! E così è! Ma la sola e unica cosa che non passa mai né va da nessuna parte è il sé; la pura consapevolezza di sé. Quando ciò viene ‘realizzato’ appieno, come sembra che sia stato per i tanti che hanno cercato l’illuminazione, allora sicurezza e sopravvivenza cessano di essere argomenti rilevanti o importanti di cui preoccuparsi. Quando il sé viene realizzato come consapevolezza pura e permanente che non passa mai, non c’è bisogno di sicurezza in quanto la ‘verità spirituale’ circa la permanenza del sé non viene minacciata. La credenza che abbiamo bisogno di essere al sicuro nasce dalla credenza che noi non siamo altro che le forme temporanee che occupiamo. E le forme possono essere minacciate e distrutte semplicemente dal disfacimento naturale! La ‘credenza’ nella caducità è il cancro dell’anima.

Se ‘crediamo’ di aver bisogno di sicurezza, ci troveremo ad aver continuamente paura e a difenderci dall’insicurezza, il che finisce per sfociare nell’….insicurezza!

Il Bisogno di Appartenenza e di Amore


Il bisogno di appartenenza viene spesso confuso con la ricerca del senso di identità. Impariamo ad identificarci con ‘idee’ come la famiglia, il gruppo, la professione, la nazione, la religione e la razza ecc. Da ciascuna identificazione ci ‘sembra’ di trarre un ‘senso’ di appartenenza. Invece non notiamo che, in ciascun caso stiamo tentando di esternare il senso di noi stessi. Stiamo cercando di trovare il nostro sé fuori da noi stessi. Da un punto di vista spirituale questa è una forma di follia! Come minimo è molto non-spirituale! E’ anche ciò che dà origine all’ego o  ’falso sé’ o identificazione errata. Ciò porta successivamente a sentimenti di frammentazione, isolamento e infelicità semplicemente perché ciascuna di queste ‘identità esteriorizzate’ è limitata, cambia continuamente e può essere messa in pericolo.

Ancora una volta le informazioni che ci vengono da coloro che sembrano aver trasceso questa ricerca dell’ appartenenza (trovando una identità esteriore), ci dicono che noi già apparteniamo. Ci parlano di un senso di connessione che è invisibile, sottile e contemporaneamente trascendente e capace di trasformare. Essi ci ricordano che noi non siamo una ‘cosa’; che siamo pura luce, pura consapevolezza, cioè un essere cosciente che non si identifica più con una ‘cosa’! La realizzazione di non avere alcuna identità, non è una perdita di sé, né un vuoto entro cui precipitiamo, ma il ripristino della consapevolezza di ‘essere proprio io’, la illimitata consapevolezza che anticipa il primo pensiero ‘io sono’. A detta di tutti si tratta della liberazione definitiva, della libertà definitiva, mentre ancora ci troviamo e agiamo attraverso una forma materiale. Da questo stato di consapevolezza, ‘ci dicono’, emerge un profondo senso di interconnessione, una pace naturale e la  gioia semplice e innocente di vivere. Tuttavia è uno ‘stato d’essere’ (consapevolezza) che possiamo ‘conoscere’ veramente solo andando e stando lì! Non è un viaggio che può rientrare facilmente in una programmazione indaffarata!

Il Bisogno di Stima


Quando si crede che la stima dipenda e venga definita da possesso, status e reputazione possiamo vedere come sia questo ‘bisogno di apparire’ a spingere molte attività umane nel mondo d’oggi. Anche a scapito degli altri cosiddetti bisogni. Stima significa fondamentalmente valutazione, che significa dar valore, che significa che vale. Ci stiamo rendendo sempre più conto di come sia insidioso basare il senso del nostro valore su ciò che si possiede, che è sempre temporaneo; sullo status, che si può perdere in qualsiasi momento; e sulla reputazione, che può venir distrutta da qualche colpo ben assestato!. Quando il senso del nostro valore, e perciò la stima poggia su questi aspetti mutevoli e delicati della vita, si generano grossi sentimenti di insicurezza e la perdita frequente della percezione di aver valore.   

Ancora una volta il punto di vista spirituale rivela la consapevolezza che il valore reale di qualcosa si può trovare solamente nella profondità di se stessi. E’ una consapevolezza del nostro valore che ha origine dall’atto di donare noi stessi senza pretendere niente in cambio. E’ la realizzazione che il sé è una fonte di amore, una fonte di energia vitale che è intrinsecamente creativa e capace di dare energia agli altri. Parallelamente a questa fonte interiore di valore scaturisce la consapevolezza dell’impossibilità della perdita, su cui si basa il vero senso di sicurezza. Per chi ha conquistato e vive a partire dalla consapevolezza del vero sé, niente di ciò che è ‘reale’ può essere mai perso

Il Bisogno di Realizzazione

Dal punto di vista spirituale l’idea dell’auto-realizzazione significa realizzazione del sé. Al fine di concretizzare il proprio vero potenziale, bisogna prima rendersi conto di chi/che cosa si è. Chi sa di essere un essere spirituale (che anima la forma) non ha bisogno di accrescere né di completare niente. Egli è intuitivamente consapevole che è già tutto ciò che può essere, cioè niente ha bisogno di essere sviluppato e niente di reale può essere aggiunto al nostro sé autentico. La completezza è già una realtà, cioè siamo già dotati della capacità di amare, di essere pacifici e creativi.

Tuttavia è molto probabile che questa persona sia consapevole che la capacità di amare (di relazionarsi in maniera aperta e sincera con gli altri e il mondo) e di essere creativi, sia stata bloccata e distorta dalle credenze condizionate del mondo. Credenze come ‘ sei solo ciò che vedi nello specchio’ oppure ‘è perfettamente naturale essere arrabbiati o infelici’, oppure ‘il successo si misura in base al valore materiale’ oppure, ‘devi soddisfare certi bisogni prima di essere realizzato’! Tutti questi tipi di credenze servono solo a sopprimere la consapevolezza della natura infinitamente e illimitatamente gioiosa che si ritrova nel cuore di ogni essere umano. Non il cuore fisico, ma il cuore della consapevolezza.

Nel contempo non è che sia giusto o sbagliato credere che abbiamo questi bisogni. E’ solo che alla fin fine non è vero…da un punto di vista spirituale! La parola chiave qui è ‘alla fine’. Durante il passaggio dalla credenza alla verità, nel ritornare al nostro stato naturale, oltre ogni bisogno, cercare di soddisfare le nostre necessità esteriori non fa troppo male. E’ solo che tendiamo a trasformare le necessità in desideri e poi questi diventano ‘bramosie’, ma questo è un altro discorso!

Quindi si potrebbe dire che abbiamo bisogno di uno scopo nella vita fino a quando non avremo bisogno di uno scopo. Si potrebbe dire che abbiamo bisogno di obbiettivi fino a quando non avremo bisogno di obbiettivi. Abbiamo bisogno di significato finché non avremo bisogno di significato. Abbiamo bisogno di essere amati fino a quando non ci renderemo conto che non abbiamo bisogno di essere amati, il che significa che ci siamo resi conto che amore è ciò che siamo. Abbiamo bisogno di una identità temporanea fino a quando non riscopriamo e realizziamo la nostra fondamentale consapevolezza di chi siamo realmente, cioè non un corpo e non una cosa! Può fare un po’ paura, ma come ci hanno ricordato tanti saggi e santi, è la soglia finale verso l’ultima liberazione, la libertà definitiva da…tutti i bisogni! Oltre quella soglia, ‘dicono’, la nostra beatitudine, la nostra massima felicità, ci attende.

Domanda:A quale tra i bisogni elencati dedichi più tempo ed energia per ottenerlo?

Riflessione: Se non sei ciò che ‘credi’ di essere, quali sono tutte le altre varie identità che hai imparato a crearti che sono solo ‘credenze’ riguardo a te stesso?

Azione: Dedica un giorno (o una settimana) alla ‘consapevolezza dei bisogni’,  cioè prendi nota consciamente di tutte le situazioni e relazioni in cui credi di aver bisogno di ottenere qualcosa di tangibile o non tangibile dagli altri per soddisfare i tuoi bisogni apparenti.

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