pubblicato il 05/06/11

Pensando all’evoluzione mi viene in mente l’enorme progresso scientifico di questo ultimo secolo, ma potremmo dire che la coscienza umana si è evoluta nello stesso modo? Probabilmente la risposta è no.
L’evoluzione scientifica e quella spirituale non sono andate di pari passo ed ecco perché oggi c’è la necessità di evolvere in termini di coscienza, di valori e di qualità di vita.

Evoluzione vuol dire cambiamento e questo richiede coraggio, lungimiranza e il desiderio di qualcosa in più e di meglio.

Ognuno di noi sperimenta delle fasi fatte di alti e i bassi che esprimono:

1. Il sé peggiore ovvero il peggio del nostro carattere
2. il sé ok – con i suoi lati più ordinari
3. il sé buono – esprime la parte più buona
4. il meglio di se stessi.


Tutti noi passiamo queste fasi che possono intercalarsi nell’ambito della stessa giornata o di periodi.

1. Il sé peggiore ogni tanto emerge e ci fa male e fa male anche ad altri. E’ quando esprimiamo i nostri difetti, limiti, convinzioni, insomma il nostro peggio, rabbia, egoismo, gelosia, invidia, è quando ci perdiamo nel pettegolare e condannare, quando proviamo una senso di vendetta, quando rinneghiamo la verità ecc.
Quindi ad accompagnare la nostra versione peggiore è la tendenza a biasimare il mondo, ad incolparlo e così ci allontaniamo ancora di più da noi stessi.

Per cambiare e uscire da questo stato devo smettere di considerare questa parte alterata delle mia personalità come “me”. I difetti che ho non sono il mio vero sé. Questa è una consapevolezza importante. Esiste un’identità profonda chiamata anima che è fatta di bontà, ma abbiamo dimenticato questa vera natura e così siamo andati molto lontano da questa identità originale, brancolando nel buio. E nel buio siamo ciechi, tanto da non riconoscere i comportamenti grossolani che esprimiamo nell’ignoranza dello spirito.
Il metodo per poter cominciare ad evolvere da questo stadio basso per la nostra dignità umana è quello di cominciare a pensare:
- posso accedere a quella parte di bellezza e ricchezza interiore se lo voglio e direi che lo voglio;
- ho bisogno di iniziare a sperimentare una grande qualità che mi accompagna nel mio viaggio alla riscoperta del mio essere migliore e questa qualità è la misericordia.

La misericordia è spesso connessa con gli altri, con l’idea di aiutare qualcuno che è “povero/misero” ma raramente pensiamo alla misericordia come ad una virtù da rivolgere al sé. Il cambiare, migliorare, rettificare aspetti interiori implica avere sentimenti di accettazione, apprezzamento ma anche di profonda consapevolezza. Mi risveglio e quando sono sveglia divento consapevole e quindi viva!
La misericordia è vedere i propri difetti ma non pensare di essere quei difetti. Sono delle dinamiche acquisite nella nostra discesa e con la perdita di energia.
Fondamentale è capire che l’anima è pura bontà, ma lo abbiamo dimenticato.Questo tipo dipensieri porta un grande shift nella propria coscienza. Altrimenti l’identificazione con i miei difetti mi porterà sempre giù, come una palla al piede, e nonostante l’anelito sia di volare, cadrò sempre nello stesso baratro.

2 - Il sé ok, quello che esprime uno stato ordinario, non esterno ma mentale. Essere ordinari fuori può essere una sana semplicità, ma essere ordinari nella mente vuol dire essere piccoli. Cuore piccolo, mente poco aperta, vista non così lungimirante. Chi è ordinario fatica molto, vive molte paure, vive di convinzioni precostruire per tenerlo ordinario. Sogna, come l’aquilotto caduto e cresciuto in un pollaio convinto perciò di essere un pollo (Anthony di Mello). L’ordinarietà non è la caratteristica dell’anima umana, ma spesso finiamo per credere di essere meno di quello che potremmo, mentre la nostra natura umana sarebbe più alta.
Ci accontentiamo di coltivare il piccolo orticello, con una generosità costipata.
La più grande paura di questa condizione è la paura del giudizio.
Devo andare oltre l’opinione degli altri, perché è veramente limitante. Dovrebbe essere una pratica regolare di sentire giudizi e opinioni contrastanti senza esserne influenzati, anzi usarle come trampolino per capire di più e crescere. Ma per questo devo avere di me una considerazione più alta, un pò di autostima in più! Di solito, chi intrattiene un comportamento ordinario è travolto e azzerato dalle opinioni altrui che condizionano la sua esistenza e la sua libertà.

Nella nostra filosofia invece è utile ricordarsi che quando io cambio e divento un pioniere del cambiamento, gli altri cambiano.

3. Il sé buono dà assoluta priorità ai propri principi e alla propria etica. Non accetta compromessi e le sue scelte determinano le sue decisioni di vita. Nonostante ciò, è incostante e la sua positività è colorata dalle circostanze. La costanza sarebbe il salto verso il meglio del sé, nella pratica delle tante virtù, ma soprattutto nell’avere una fiducia incondizionata in quello che accade. A volte siamo positivi e ben posizionati su una qualità di vita, una coscienza alta ed ecologica, altre volte invece gli eventi ci destabilizzano facendo scattare molle di insofferenza e reazioni varie.
In questo livello sono propenso a diventare complice delle circostanze. mentre nel sé peggiore le circostanze sono dei nemici. Nella fase ordinaria le circostanze sono da controbattere, da fronteggiare con sfide costanti.
Al suo passaggio lascia sempre un buon esempio mentre l’ordinario non lascia traccia e il negativo lascia un odore non proprio attraente…

4. Il meglio di se stessi, conosce solo l’evoluzione. Non vuole niente e possiede tutto, non manca di niente e dona tutto il tempo. Qualsiasi cosa condivida la moltiplica. Non è solo consapevole della sua grandezza ma è ugualmente consapevole della grandezza di tutti, la sua visione vede solo il meglio.
Mi viene in mente Michelangelo quando Ludovico dei Medici, in punto di morte gli disse: - “tu conosci l’arte della grandezza del bello”. Così colui che esprime il meglio di sé conosce l’arte della grandezza che equivale all’arte di generare unità e armonia comunque e dovunque. Unifica gli estremi, congiunge lembi opposti e rende tutto uno. Conosce la bellezza dell’incontro con la parte più autentica del sé, la grandezza dell’incontro con l’Anima Suprema e la forza dell’incontro con tutti. Della diversità fa un bouquet, del male (che conosce) fa un’esperienza di vita, della storia fa una fiaba a lieto fine.

Cosa lascerà quando passa? Una scia di fragranza.

Raggiungere questo stato implica affidarsi alla verità, tuffarsi nel silenzio e sperimentare quello che siamo realmente – diamanti dalle tante facce, qualità eterne mai scomparse, valori e alti principi di vita.

 

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