pubblicato il 28/09/14


Intervista a Enrique Simò

La serenità permette alle persone di essere più creative e produttive.
Far essere migliori, c’è bisogno di conoscere come funziona la propria mente e i propri pensieri. Se non si  fa questo ‘lavoro interiore’, è più probabile che si viva sotto la tirannia dell’ignoranza, la quale chiede sempre che la realtà si adatti ai suoi desideri egocentrici. Inoltre, a partire da questo stato di coscienza, le persone reagiscono impulsivamente e negativamente quando ciò che si aspettano non arriva, causando molto malessere.

Domanda: Si dice che l’intelligenza sia la capacità di adattarsi all’ambiente…
Risposta: Senza dubbio, se tale adattamento causa stress e malessere, come succede oggigiorno nelle cosiddette società progredite, l’intelligenza è andare oltre i condizionamenti ricevuti e verificare attraverso la nostra propria esperienza che cosa ci fa stare meglio ed essere coerenti con questo. Per quanto possibile, si può sempre decidere che stile di vita si preferisce vivere. Vi sono rinunce che portano altri tipi di vantaggi e viceversa. Se ciò che veramente ci interessa è essere felici, non è importante ciò che facciamo, e neanche che cosa otteniamo, quanto piuttosto come ci sentiamo prima, durante e dopo.

D: Quindi, come definiresti l’intelligenza? A che cosa serve?
R: L’intelligenza è la capacità  di riuscire a stare bene con noi stessi, con gli altri e con la realtà di cui tutti facciamo parte, indipendentemente dalle circostanze esterne. Si può dire che è la capacità di sentirsi in pace di fronte ad una avversità. Solo restando tranquilli e sereni possiamo essere propositivi e creare armonia nel nostro ambiente di lavoro, dopo di che siamo più felici e di conseguenza più creativi e produttivi.

D: Che tipo di intelligenza predomina tra i dirigenti?
R: L’intelligenza operativa, quella che permette di elaborare e processare informazioni, risolvendo situazioni pratiche. Uno degli errori più comuni che vengono commessi nella designazione dei dirigenti è quello di ritenere che un alto livello di intelligenza operativa implichi la capacità di saper trattare e dirigere le persone.

D:Per quale motivo?
R: Perché più che pensare molto, possedere una grande quantità di informazioni ed essere capaci di pianificare e discutere un’idea, questi dirigenti fanno fatica a lavorare in gruppo e accettare aiuto. A causa della loro incompetenza emozionale, di solito si arrabbiano e controllano troppo i loro collaboratori, vivendo in uno stato permanente di stress e di vuoto interiore. Spesso non sanno  fermarsi per riflettere su come stanno gestendo loro stessi. Da qui nasce la necessità di potenziare l’intelligenza emozionale, la quale ci permette di riconoscere e canalizzare i vari stati d’animo. Ma, per iniziare questo processo di autoconoscenza, devono avere la capacità di affrontare se stessi, sia i loro limiti che il loro potenziale.

D:Come si riconosce l’intelligenza emozionale?
R: Il dirigente che ha sviluppato la sua intelligenza emozionale ha la capacità di saper convivere con tutti quelli che gli stanno intorno, riconoscendo che ogni persona ha il suo proprio punto di vista, senza cercare di imporre il proprio. Ha la percezione del suo umore, conosce i suoi punti di forza e di debolezza e sa che le risorse migliori sono le persone. Ha imparato a conoscere, accettare e canalizzare le sue emozioni. Non teme di chiedere aiuto e cerca di creare un ambiente più rilassato e motivante, lasciando spazio alle relazioni personali. A partire da questa osservazione e trasformazione di se stesso si può sviluppare l’intelligenza spirituale.

D:Intelligenza spirituale?
R: Questo tipo di intelligenza riguarda gli elementi più sottili e che non sono visibili. La risposta alla domanda: “Chi sono?”, lo scopo o la funzione fondamentale della vita e la pace e la felicità interiori. Per poter sviluppare questa intelligenza è necessario conoscere, comprendere e andare oltre il nostro io egocentrico, chiamato anche ego, la vocina che ci avvelena con pensieri negativi e che ci fa interagire con la realtà a partire da una prospettiva condizionata e soggettiva generando tutta la nostra sofferenza.

D: Che cosa c’è oltre l’ego?
R: La nostra essenza, la nostra vera identità. Lo sviluppo personale permette ai dirigenti (come a chiunque altro) di acquisire un’attitudine più cosciente, accettando quello che non dipende da loro e cambiando quello che è alla loro portata. Per comprendere ciò è necessario restare aperti e vivere attraverso la propria esperienza.

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