Recensione Eventi

Paura di conoscersi

pubblicato il 02/01/13

Anche l’argomento di questa sera ci è stato richiesto per questo incontro di riflessione e meditazione e devo ammettere che superficialmente ho pensato che in realtà c’è più da aver paura del NON conoscersi piuttosto che del conoscersi.

Generalmente, non ci piace vivere in un mondo fatto di oggetti e persone sconosciute, e siamo invece rassicurati da ciò che ci è noto, quindi perché temere di conoscere la nostra essenza, compagna ventiquattrore al giorno?
Ma in realtà la paura di conoscersi esiste realmente ed è molto diffusa. Ognuno crea intorno a sé un’armatura anti-conoscenza di se stesso.

Perchè questa paura di conoscersi?
L’ignoranza del proprio sé permette di vivere in una zona di confort nella quale si preferisce aver paura di vedere fragilità, debolezze e difetti piuttosto che lavorare sul proprio cambiamento interiore che richiede impegno, attenzione e sforzi.

Cos’è l’ignoranza del sé?
E’ la NON conoscenza del proprio valore interiore, la NON conoscenza di cosa si desidera veramente. Significa anche non conoscere le qualità che il tempo non ha distrutto, qualcosa di molto antico che è sopravvissuto, di nascita in nascita.

Disse Socrate: “L’uomo è la sua anima ed il prendersi cura della medesima rappresenta il fine più alto cui si debba aspirare”. Ed è sulla base della conoscenza del bene, che Socrate identifica con le virtù  che l’uomo può prendersi cura di se stesso. Quando non c’è virtù c’è ignoranza, cioè vizio.

La visione e l’approccio alla conoscenza del sé di Brahma Kumaris non è molto distante dal pensiero di Socrate. Noi infatti non consigliamo, come primo approccio,  di andare a cercare i difetti e le debolezze, e di affrontarli, perché questa via è molto difficile, dolorosa e faticosa. Fare così significherebbe andare a lavorare sulla falsa immagine che abbiamo di noi e cioè sull’ego. La falsa immagine del sé, creata da noi, in qualche momento della nostra esistenza, ha una sua funzionalità e cercando di combatterla potrebbe esplodere. Come ha detto uno dei nostri insegnanti, Anthony Strano, in una sua ultima lezione in India, l’ego è come “una bomba” che va disinnescata con cautela.

Esiste quindi una strada non paurosa, che porta alla conoscenza del sé passando attraverso le VIRTU’, quelle qualità che il tempo non ha distrutto completamente e che, se anche alterate, contengono un nucleo molto antico che è sopravvissuto.

Dove inizia il cammino della ricerca del sé?

Un racconto antico e saggio, narra la storia di un uomo che attanagliato da dubbi e alla ricerca della sua parte esistenziale più profonda, visitò un vecchio monastero. Sommerse l’anziano monaco che lo accolse di domande e nozioni metafisiche.
Il monaco si accorse subito che l’uomo pur avendo molte informazioni non conosceva, l’ABC della spiritualità e allora lo condusse al pozzo, prese il secchio e attinse dell’acqua, poi gentilmente gli chiese: “Cosa vedi giù, in fondo al pozzo?” L’uomo osservò attentamente ma oltre all’ondeggiare dell’acqua non vide niente!
Dopo un po’ di tempo di nuovo il monaco chiese “Cosa vedi giù in fondo al pozzo?”
Questa volta l’uomo vide la propria immagine riflessa.
Allora l’anziano maestro disse che quando immergeva il secchio, l’acqua era agitata ma poi diventava calma e la stessa cosa avviene nella mente: quando si calma e c’è silenzio, il frutto è la capacità di vedere sè stessi.

Esperienza di silenzio e condivisione (condotta da Ursula)
IL SE’ ESSENZIALE è SILENZIOSO

Ti sei mai chiesto perché le biblioteche hanno un’atmosfera così particolare? Sono luoghi in cui tanti confluiscono, ma il codice è il silenzio. La quiete in un ambiente significa che c’è presenza di menti quiete e le menti quiete non solo rilassate, ma possono concentrarsi più facilmente e creare più liberamente.

Immagina di trovarti in una antica biblioteca silenziosa…..

In breve tempo nota come anche tu stai cominciando a sentirti più pacifico, sia mentalmente che intellettualmente. Nota come sei toccato dall’atmosfera, da una pace penetrante, mentre sfogli la saggezza accumulata negli scaffali della tua vita…

Ascolta il silenzio… sii consapevole della quiete.
Chiedi di fare silenzio ad ogni voce interiore, che possa distrarre la tua attenzione.
Una mente quieta ti permette di ascoltare il tuo cuore.
Nota come tutti gli oggetti sono circondati da uno spazio, così noi siamo circondati dal silenzio. Tra le note di una sinfonia c’è silenzio, dietro ad un dipinto c’è una tela silenziosa e tra i nostri pensieri e dietro ai nostri pensieri c’è silenzio.

In questa silenzio puoi scegliere la virtù che vuoi sperimentare.
Solo quando siamo in pace abbiamo la capacità di vedere che non abbiamo bisogno di prendere qualcosa al di fuori di noi, questo segna il ritrovamento della libertà interiore, Tutto è già presente all’interno di me..

Cogli quella virtù, quella qualità antica che è dentro di te …. devi solo prestarle un po’ di attenzione per far sì che essa emerga e tu possa sperimentarla pienamente.

Esercizio delle Virtù
Scrivi  la prima virtù che ti viene in mente, cerca una storia che la racconta ed elaborala come nell’esempio qui sotto.

La Virtù della Pazienza
Un elefante, un giorno nella savana africana era alla ricerca di acqua per dissetarsi. Dopo aver cercato a lungo finalmente raggiunse un lago dove si buttò a bere avidamente.
Mentre beveva si accorse che non riusciva più a vedere bene ed emise un grande barrito, poi si mise a piangere disperatamente, urlando che aveva perso il suo occhio destro. Mentre beveva, in effetti, l’occhio era caduto in acqua e quindi l’elefante si mise alla sua ricerca disperata, agitando le acque con la sua proboscide, lo cercò per ore senza trovarlo, mentre l’acqua diventava sempre più torbida.
Improvvisamente l’elefante senti una sonora risata, e con l’occhio che gli era rimasto cercava chi si stava divertendo alle sue spalle. Vide una piccola tartaruga e gli chiese cosa trovasse di così divertente nel vedere un elefante che aveva perso un occhio. La tartaruga allora gli rispose che non trovava divertente il fatto che aveva perso un occhio ma di come lo stava cercando!
Allora l’elefante rispose che quando le disgrazie capitano agli altri sono tutti bravi a dare consigli!  Ma visto che non aveva alternative decise di ascoltare la tartaruga che gli disse: ” Devi avere pazienza, devi calmarti e vedrai che troverai l’occhio!”
L’elefante smise di agitare la proboscide nel lago e l’acqua in poco tempo diventò trasparente e così riuscì a vedere il suo occhio che immediatamente afferrò e rimise al suo posto.
Imbarazzato cercò la tartaruga per ringraziarla, ma questa era sparita, restava soltanto l’eco della sua voce “Pazienza! Ricordati che devi avere pazienza.”

La parola PAZIENZA ha origine dal latino volgare patire (cfr. il greco PATHEIN e PATHOS, dolore corporale e spirituale).
 
La pazienza è la facoltà umana di rimandare la propria reazione alle avversità, mantenendo nei confronti dello stimolo un atteggiamento neutro. La pazienza è una qualità e un atteggiamento interiore proprio di chi accetta il dolore, le difficoltà, le avversità, le molestie, le controversie, la morte, con animo sereno e con tranquillità, controllando la propria emotività e perseverando nelle azioni.

Chi intraprende un cammino di ricerca interiore e di meditazione deve prima di tutto coltivare questa virtù. Comunemente ci si aspettano risultati immediati di perfezione e consapevolezza e, ai primi esami, ci si scoraggia. Si vorrebbe tutto e subito e alla mancanza di realizzazioni si preferisce abbandonare la ricerca. La pazienza che seda la mente e le emozioni del cuore, è una grande compagna di viaggio. Grazie a lei aspetto, osservo e poi ancora aspetto e osservo…

Sperimentare la virtù della pazienza è lasciare passare il tempo. Sembra che non succeda niente, ma la grandezza è una sana disposizione all’attesa, senza scoraggiarsi.  Le emozioni che avevamo non sono più le stesse, gli atteggiamenti e la visione della realtà sono cambiati, sono più chiari come l’acqua del pozzo del monaco e l’acqua del fiume dell’elefante.

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