pubblicato il 06/02/11


E' probabilmente vero dire che il 'distacco' non gode di buona fama! Nelle cosiddette società occidentali, tende ad essere interpretato come 'incuria/disinteresse’ o come una forma di 'evitamento' e spesso evoca un senso di freddezza.
Si tratta di interpretazioni a partire dalle quali possiamo facilmente esimerci di investigare il vero significato e le implicazioni del distacco, per esempio vivendo da un luogo di 'non attaccamento'.

Qual è quindi la differenza tra attaccamento e distacco, in realtà?
L'attaccamento avviene completamente nella nostra coscienza. Quando ci attacchiamo a qualsiasi 'oggetto' o a qualsiasi 'persona' o a qualsiasi 'luogo' noi perdiamo il senso di 'noi stessi' nell'immagine dell'oggetto di attaccamento.
L'immagine ce la creiamo noi sullo schermo della nostra mente. Questa prima 'collocazione' dell'attaccamento dentro la nostra mente è una delle ragioni per cui il distacco è così frainteso. Sono pochissimi quelli che sono consapevoli di che cosa esattamente essi stiano facendo o di che cosa stia accadendo nella loro coscienza.

E' per questo che quando succede qualcosa all'oggetto dell'attaccamento 'fuori' ce la prendiamo personalmente e soffriamo 'dentro' Mentre 'sembra' che qualcosa stia succedendo all'oggetto di attaccamento 'fuori' ci 'sentiamo' come se qualcosa stesse succedendo a noi 'dentro'. Se non ci perdessimo nell'immagine dell'oggetto/persona di attaccamento, saremmo distaccati e perciò indisturbati ogni qualvolta qualcosa succedesse all'oggetto/persona.

Questo 'errore' di attaccarci ad una immagine diventa poi la base per la creazione della 'paura' sotto forma di preoccupazione, quando proiettiamo gli stessi o simili accadimenti nel nostro futuro immaginario. Sfortunatamente abbiamo anche re-interpretato 'preoccupazione' come interessamento ed abbiamo imparato a credere che se non ci preoccupiamo non siamo interessati!
Non volendo essere accusati di disinteresse ci assicuriamo che gli altri sappiano che noi ci preoccupiamo. E poi ci preoccupiamo che possano non riconoscere quanto ci preoccupiamo!

Sabotare la libertà
Attaccamento quindi significa che siamo intrappolati 'dentro' l'immagine dell'oggetto del nostro attaccamento nella mente. Da qui l'incessante 'pensare' all'oggetto dell'attaccamento e a tutto ciò che sia immediatamente relazionato con esso.
A sua volta ciò provoca grande stanchezza mentale, che si traduce rapidamente in affaticamento fisico. Questo può spiegare in qualche maniera come mai tanti vivono, e tollerano di vivere, in uno stato di ansia quasi perpetuo.

Diventiamo anche attaccati all'immagine di 'cose' meno tangibili come le nostre credenze, specialmente quelle che furono assimilate in età infantile e innocente. E' da qui che hanno origine le nostre tensioni e irritazioni, quando veniamo provocati dalle credenze degli altri sia direttamente che indirettamente.
Ogni giorno siamo testimoni di vari livelli di violenza in varie parti del mondo semplicemente perché gruppi di persone sono collettivamente attaccati a un sistema di credenze. Essi credono che sia giusto 'credere'. Credono che le loro credenze siano la verità, ma non riescono affatto a vedere che sono semplicemente attaccati a una idea o a un concetto/concetti, predisponendosi perciò alla sofferenza, cioè a rendersi infelici. Possiamo riconoscere gli attaccamenti alle nostre credenze quando ci mettiamo a discutere su qualcosa, ma solo se ci prendiamo qualche momento per riflettere dopo che il calore emotivo della discussione si sia smorzato.

Violentare Noi Stessi
Sembra che pochissimi si rendano conto che l'attaccamento sia una forma di violenza su noi stessi. Da alcuni anni stiamo diventando più consapevoli che ci sono alcuni che per una qualche ragione, commettono gesti di autolesionismo e di auto-abuso a livello fisico.
Ma l’autolesionismo è qualcosa che sembra che abbiamo imparato tutti a praticare quotidianamente a livello spirituale, per esempio nella nostra coscienza, dove ci ‘attacchiamo’ a un’immagine e cerchiamo di ‘vivere in’ quell’immagine. Questo auto-intrappolamento’ può avvenire con una varietà di immagini differenti (oggetti persone/luoghi/posizioni ecc.) a seconda della situazione immediata e può durare per molto tempo (minuti/ore/giorni) a seconda della profondità dell’attaccamento.
Il segno del danno a livello fisico è il dolore mentre il segno del danno a livello spirituale è la sofferenza. Il sé soffre a livello emotivo.

Ogni qualvolta vi sia attaccamento, le emozioni che segnalano la nostra sofferenza emergeranno sotto forma di tristezza rabbia e/o paura. Quando erroneamente giustifichiamo queste emozioni come risposte umane ‘naturali’ ci concediamo il permesso di non ricercare la causa della nostra sofferenza emotiva oppure proiettiamo la causa della nostra sofferenza sugli altri. Non ci rendiamo conto che la vera causa delle nostre emozioni (l’amore non è un’emozione) è sempre un attaccamento a qualcuno o a qualcosa. Pertanto è qualcosa di cui ci possiamo liberare. Il vittimismo non è obbligatorio, benché così possa sembrare…a volte!

Il Distacco Appreso
Non è quindi casuale che ai chirurghi non sia permesso fare interventi sui propri familiari poiché la ‘famiglia’ tendenzialmente è uno dei nostri più radicati attaccamenti.
E’ qui che l’attaccamento viene più frequentemente scambiato per amore! Le emozioni che potrebbero emergere (qualche forma di paura o di rabbia) interferirebbero con la loro capacità di prendere decisioni e di rimanere calmi, fermi e precisi nel prestare le cure per le quali la loro professione li ha preparati. Inoltre non è a caso che a medici, infermieri, poliziotti, consulenti e terapisti venga insegnato ad essere distaccati in modo da poter soccorrere meglio coloro ai quali devono offrire servizio.
E’ la contrapposizione del ‘distacco’ necessario al ‘prendersi cura’ che mette molti in confusione semplicemente perché sembra spesso che il mondo in generale, e certe industrie in particolare facciano ‘affari’ tenendoci in uno stato di attaccamento in nome della cura (amore)!

Quando ci attacchiamo a qualcosa o a qualcuno significa che siamo nella modalità del ‘prendere’.
Vogliamo qualcosa oppure crediamo di ottenere qualcosa di vitale per la nostra felicità dall’oggetto del nostro attaccamento, in genere attraverso una forma di ‘stimolo’. Ma si tratta di stimoli che gradualmente, se non immediatamente, diventano dipendenze, le quali, come molti sanno, non sono la via verso l’autentica felicità. Pertanto il distacco è possibile veramente quando siamo liberi dal volere e dal prendere. Solo allora possiamo veramente dare e condividere (amore) senza aspettative.
Questa dinamica si rende evidente nell’arte del ‘coinvolgimento distaccato’.  A molti il distacco suona come se si dovesse diventare freddi e disimpegnati o evitare di coinvolgersi molto. Ma nel contesto delle nostre relazioni il distacco ci permette di essere coinvolti con maggior pienezza, di impegnarci con maggior autenticità. Q
Quando siamo attaccati a qualcuno o ad un risultato particolare significa che ‘vogliamo’ qualcosa ed è quel volere qualcosa per noi stessi che ostacola la nostra capacità di impegnarci e ascoltare e sentire e percepire cosa sta attraversando l’altro. Solo quando siamo interiormente liberi da qualsiasi attaccamento, e perciò da stati di bisogno, possiamo percepire, che spesso significa intuire, i veri bisogni dell’altro e forse soddisfare quei bisogni.

Forse è per questo che l’arte del ‘coinvolgimento distaccato’ è divenuta una riconosciuta abilità per managers e leaders. E’ un’abilità che ci permette di essere liberi da ogni preoccupazione interiore, per poterci coinvolgere compiutamente con le persone e il mondo esterno. Che il tuo ruolo sia quello di manager, genitore o solo di un buon amico, il ‘coinvolgimento distaccato’ di permette di nutrire e sostenere relazioni libere da preoccupazioni egoistiche (desideri) e quindi con un atteggiamento veramente benevolente.

E se la parola ‘distacco’ possiede ancora una connotazione di freddezza, sostituiscila con ‘non-attaccamento’ e vedi se ti ispira meglio il senso di essere libero…essere libero!

Domanda: Quali sono i tuoi maggiori attaccamenti?

Riflessione:
Rifletti su ognuno di essi e vedi se riesci a scoprire la natura della paura che crei attorno ad essi nella tua mente

Azione: Immagina lentamente come sarebbe la vita senza di essi. Vedi e senti come saresti. Se ‘pensi’ che saresti sconvolto resta con quel pensiero sentendo per un po’ da ‘osservatore distaccato’ quel pensiero/sentimento e osserva cosa accade nella tua coscienza.

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