La posta di Antonella

ANTONELLA RISPONDE A BARBARA

pubblicato il 20/01/10

Domanda di Barbara

Cara Antonella, mi capita molto spesso, con amici, parenti, fidanzato... con tutti, insomma, di essere molto sensibile alle emozioni e agli stati d'animo altrui. La cosa è tutt'altro che piacevole. E' una forma estrema di empatia, non so nemmeno io come definirla, ma non è sinonimo di equilibrio. Mi basta, per esempio, entrare in studio la mattina, salutare e capire AL VOLO dalle facce se qualcosa non va (e la maggior parte delle volte ho ragione) e di assorbire questo loro malcontento che mi entra nelle ossa e paralizza e fa stare male anche me. Devo proteggermi, come faccio. Vorrei mantenere la giusta distanza, anche perchè la cosa mi consentirebbe di mandare luce e portare pace, invece di accartocciarmi anche io su un malumore che aleggia senza nome ben definito. Insomma, sono vittima delle sensazioni e delle vibrazioni altrui. che dici? Grazie davvero!



Risposta di Antonella

Cara Barbara,
grazie del tuo messaggio che sicuramente rispecchia la situazione di molti altri. Sembra che il "collega" sia un argomento in auge. La convivenza è sempre molto difficile. Lo è con le persone che uno sceglie e ancora di più con le persone con le quali capitiamo per i giochi affascinanti del destino.

Nonostante un luogo comune sia quello di dire che la perfezione non esiste, poi, però ci si aspetta che le persone siano perfette e questo ci da un bel segnale se ci fermiamo ad ascoltare.
Se qualcuno agisce male non fa altro che confermare la condizione umana che si considera "normale" ma che non ci piace. In fatti non siamo felici della negatività perché l'anima, ciò che noi siamo, l'energia vitale che fa muovere questo corpo, ha una natura grande, bella e ricca. Insomma una bella condizione dirai! Si, però l'abbiamo perduta. La consapevolezza del sé ruota intorno a due verbi: ricordare e dimenticare. Spesso ricordiamo quello che dovremmo dimenticare e dimentichiamo quello che dovremmo ricordare. Quando il collega, (o il vicino di casa, la convivente, il marito...) esprimono un loro difetto stanno dicendo:
"guarda sono ridotto così!" Proviamo a usare un paio di occhiali, quelli che hanno una sola lente, davanti all'occhio della mente, che ci permettono di vedere oltre. Come la macchina dei raggi x permette al medico di vedere quello che non vedrebbe altrimenti, così i nostri nuovi occhiali ci fanno vedere lo stato di sofferenza e i limiti che l'altro vive. E che noi stessi viviamo, perché come a noi non piace qualcuno, così noi possiamo non essere apprezzati da qualcuno. Le varie tendenze caratteriali non si incontrano, ma si scontrano in un terreno delicato chiamato personalità umana.

La meditazione aiuta ad avere una sana introspezione grazie alla quale tenderò a voler guardare dentro di me con più facilità. L'accumulo di energia, che la connessione meditativa mi offre, mi permette inoltre di immagazzinare forza traducibile in stabilità emotiva, in coraggio e determinazione per alzare il mio livello di pazienza, tolleranza e comprensione. Il risultato di ciò è che io sto meglio, l'autocontrollo agevola le relazioni e chi viene compreso di solito sviluppa gratitudine. La relazione comincia ad andare a credito.

Non saprei come gestire un collega pesante, senza avere leggerezza. Non saprei come affrontare un aggressivo senza aver sviluppato dentro il linguaggio dell'amore che mi fa ripetere un mantra importante nella mente: io sono amore e questo è ciò che condivido. Così i tasselli del puzzle vanno al loro posto.
Le circostante vengono a testare quanto io sia pronta all'esame e se lo passo non tornerà più. Se non lo passo si ripresenterà perché lo scopo ultimo degli eventi è ricordarci che siamo stati e ritorneremo ad uno stato di pienezza. Che ci crediamo o no, tutto ne parla. La nostra intolleranza ne parla, perché senza volerlo stiamo dicendo: -"ma perché non sei perfetto" .
La memoria più antica, racchiusa in qualche cassetto della nostra esperienza eterna, ci fa agire in modo irrazionale, rivelando che possiamo essere migliori e che vorremmo un mondo migliore.

Non pensare al collega per una settimana. Pensa a te.
Non lavorare sul distacco dalle sue paturnie, ma lavora sull'amore che puoi imparare a dare a te stessa. Prova, e se funziona, ripetilo anche la settimana dopo.

Un saluto di pace
Antonella


 

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