pubblicato il 01/10/17


Ken O’ Donnell

Pensa all'ultima volta in cui ti sei arrabbiato per qualcosa. Sei rimasto chiuso fuori casa e hai battuto inutilmente i pugni sulla porta. Sei venuto meno ad un appuntamento perché il volo ha avuto un ritardo di tre ore a causa di un guasto meccanico. C’era molto traffico e hai deciso di prendere la solita scorciatoia, scoprendo poco dopo che era più affollata della strada in cui ti trovavi.

La nostra vita è piena di questi imprevisti che arrivano all’improvviso mettendo alla prova il nostro benessere. E noi deleghiamo a questi la nostra felicità per niente. L’unica cosa che ci viene dalle arrabbiature è il mal di testa. E se questi diventano cronici, probabilmente siamo destinati ad abbreviarci la vita.

Una volta ero in auto con un amico a Buenos Aires. Quando il semaforo diventò verde, l’auto si bloccò e impiegai qualche minuto per rimetterla in moto. Improvvisamente udii un altro autista che, sorpassandomi sulla destra, mi gridò ‘mongolo!!’ In verità perse l’effetto della sua rabbia perché, poiché stavo appena imparando lo Spagnolo, non capii l’espressione. Il mio amico mi disse che mi aveva appena chiamato ‘imbecille’. Più tardi feci un calcolo rapido. Se egli fosse riuscito a guadagnare 5 secondi ad ogni semaforo, alla fine della giornata, avrebbe guadagnato 10 minuti in più. Mi creai mentalmente una caricatura di una peste rabbiosa che ai semafori gridava ‘mongolo’ a chiunque osasse ostacolare il suo percorso. Guidando per sei ore al giorno per 30 anni e arrabbiandosi ad ogni semaforo, si arriva a due mesi di tempo in più. Ma di quanto si sarebbe accorciata la sua vita vivendo in questo stato d’ansia permanente?

Recentemente durante una conferenza, ho chiesto ai presenti se tutto andava bene nella loro vita. Gran parte degli ascoltatori risposero di sì. Poi chiesi loro se erano felici, indipendentemente dagli eventi. E risposero che potevano rimanere più o meno felici fino a quando non si fossero trovati di fronte a fatti come quelli degli esempi che avevo dato: perdere la chiave, un ritardo aereo, una fila lenta al supermercato, o il traffico intasato in tangenziale.

Sono solo piccole prove. Immaginate che succederebbe nei confronti di eventi veramente importanti come la casa che va a fuoco o un familiare colpito da un tumore maligno. Il fatto è che abbiamo bisogno di una buona riserva di comprensione e di potere spirituale per venir fuori dal caos quotidiano.

Ecco i segreti che ho imparato soprattutto grazie agli insegnamenti della Brahma Kumaris, che mi hanno aiutato nel corso degli anni a gestire le situazioni e a rimanere felice:

1) Essere un Osservatore distaccato
Vuol dire avere uno sguardo ampio riguardo a tutto ciò che accade al momento. Tutti gli eventi fanno parte di una rappresentazione incredibilmente vasta, con scene e sfondi. Ogni persona ha un ruolo da mettere in atto. Devo solo concentrarmi sul ruolo che mi compete e realizzarlo al meglio delle mie capacità. Siamo tutti influenzati dal nostro passato e delle circostanze presenti. Le persone vogliono solo essere felici ed evitare il più possibile il dolore. Vogliono capire le cose ed essere compresi. Vogliono amare ed essere amate. Tutto qui. E andiamo avanti con lo spettacolo.

2) Felicità è donare  
La felicità scorre in un verso solo, da dentro fuori. In un certo senso non si può prendere la felicità dagli altri o dalle cose. Posso solamente darla. E’ una cosa che aumenta donandola. Pertanto devo imparare come attivarla e trovare qualcosa o qualcuno verso cui direzionarla.

3) Io sono l’altra metà di me stesso.
La continua ricerca di realizzazione attraverso oggetti materiali e relazioni finisce quando ci rendiamo conto che non troveremo mai noi stessi in altre persone o nelle cose fisiche. Nessun altro, per quanto importante sia e per quanto poetico sia io, può saltare nella mia anima e trasformare i miei sentimenti. Le cose e le persone possono ispirarmi, ma come e che cosa io provi, dipende da me. Naturalmente la materia è qualcosa che soddisfa i sensi fisici, ma non va bene per l’anima. La stessa ricerca di appagamento comincia con una voce interiore che chiede insistentemente di essere ascoltata.

4) Io sono responsabile
Io sono responsabile del mio stato spirituale ed emotivo. Naturalmente vi sono influenze passate e presenti, ma io non posso dire: “Sono così a causa di qualcun altro o perché sono stato trattato male 20 anni fa”. La vita è piena di prove e di situazioni, ma fino a quando non mi sarò assunto la responsabilità dello stato del mio spirito e della mia mente, rimarrò sempre in loro balìa.

5) La stimolazione sensoriale non è felicità
Il mondo fornisce un fiume continuo di stimoli sensoriali. Sollecitato da film, mp3, video games e pubblicità deliberatamente accattivanti, posso inavvertitamente lasciar andare le cose semplici che mi circondano ed essere scaraventato in un mondo che è creazione di qualcun altro. Dimentico di essere il creatore del mio mondo. Per quanto bella sia la scena, per quanto melodiosa sia la musica, per quanto gustoso sia il cibo, i sensi fisici non sono il mio io profondo, né alimentano il più profondo di tutti i desideri: comprendere la vita e il mio ruolo in essa.

6) Non crearsi e sostenere aspettative impossibili
Così come io ho i miei limiti, anche tutti gli altri ne hanno. È irrealistico aspettarsi che qualcuno sia costantemente amabile, rispettoso ed onesto con me, dal momento che neanche io riesco ad esserlo. Non posso usare il rispetto di qualcun altro per compensare la mancanza di rispetto per me stesso. Se mi sento tradito da qualcuno è perché io per primo ho tradito me stesso. E’ come scommettere alle corse di cavalli. Il mio cavallo non ha vinto. Strappo il biglietto e vado avanti.

7) La felicità è proporzionale al mio potenziale di bontà
Tutti abbiamo una vocazione al servizio verso gli altri. Se riesco a portare il mondo dei bisogni e dei bisognosi oltre il mio ego, posso cominciare a liberare ciò che è potenzialmente buono in me dalla prigione della mia ignoranza. Essere veramente generosi e gentili verso gli altri, indipendentemente dal loro comportamento, è l’inizio della mia capacità di aiutarli. Aiutare gli altri ad essere più felici di quanto siano capaci, è il miglior gesto di carità. Il mio potenziale di servire gli altri e la mia felicità possibile, hanno la stessa dimensione.

8) Imparare ad essere presenti
La felicità si può solo apprezzare nel presente. Posso ricordare di essere stato felice ieri, ma non posso sperimentarla di nuovo. Se sto sempre a guardare indietro cercando di trarre felicità dal passato oppure guardo avanti alla felicità che potrò avere stasera o nel weekend, o quando sarò in vacanza, le opportunità presenti mi sfuggiranno. Se faccio una passeggiata, mi godo il cielo, gli alberi e la giornata. Se sono con altre persone, me le godo per quello che sono. Voglio gustare il cibo, godermi la musica, sentire la brezza senza dipendere da queste cose. Troverò molte opportunità nuove di essere felice nelle cose semplici.

9) Meditare ogni giorno aumenta le capacità di comprensione e di potere spirituale
L’infelicità dipende dalla mancanza di energia spirituale. Se spendo più soldi di quanti ne guadagni, a lungo andare andrò in fallimento. Se continuo ad investire più energia spirituale di quella che mi entra quotidianamente, finirò per andare in fallimento spiritualmente. Il trucco perciò sta nel fare rifornimento attraverso la pratica quotidiana della meditazione. Se riesco a meditare bene per 20-30 minuti come prima cosa al mattino, per 2-3 minuti ogni tanto durante la giornata e infine per altri 20-30 minuti a sera, la mia riserva di energia spirituale dovrebbe essere sufficiente per far fronte alla maggior parte delle situazioni. Questa energia tende ad accumularsi man mano che imparo a pensare meglio. Se si presentassero dei fardelli gravosi, vi sarebbe abbastanza energia per superarli.


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