Aruna Ladva
Esplorare il mondo dell’autoconsapevolezza e della spiritualità spesso ci conduce a confrontarci con il nostro malcontento. Ci si pone inevitabilmente una domanda fondamentale: il malcontento ci sta derubando della possibilità di essere veramente felici?
Prima di addentrarci nell'arte della contentezza, è forse essenziale riconoscere e riempire quel vuoto spirituale che l'insoddisfazione tende a scolpire nelle nostre anime.
Spesso, tentare di abbracciare la contentezza senza affrontare prima le radici dell’insoddisfazione può risultare solo in un'effimera soluzione, simile a mettere un cerotto su una ferita profonda. La felicità autentica richiede un’esplorazione più profonda, una volontà di andare oltre la superficie.
La contentezza, paragonabile a un’arte complessa, richiede una messa a punto costante e attenta. Essa non si manifesta semplicemente, va coltivata con dedizione.
Accettare la bellezza intrinseca delle nostre vite e apprezzare la fortuna e le benedizioni che spesso diamo per scontate, sono passaggi cruciali in questo viaggio di riscoperta dell’anima. Essere grati per i doni che riceviamo senza sforzo è un modo per permettere alla felicità di fluire continuamente attraverso noi stessi.
Tuttavia, Maya, l’illusione del desiderio materiale e limitato, si insinua costantemente con l’intento di farci sentire incompleti e insoddisfatti. Acquistiamo oggetti che crediamo possano colmare il nostro vuoto, solo per ritrovarci di nuovo nel circolo vizioso e senza fine non appena si esaurisce l’effetto della novità, alimentato da illusioni che perseguiamo incessantemente nel tentativo di riempire i vuoti interiori che spesso ci affliggono.
Quando ci troviamo intrappolati nell’insoddisfazione, ci sentiamo spinti a riempire le nostre vite con esperienze effimere e attività superficiali. Confidiamo che queste ci portino una felicità temporanea e una falsa sensazione di contentezza. Ma alla radice di tutto questo, ci manca forse una connessione più profonda con noi stessi e con la nostra essenza spirituale.
Questa disconnessione interiore ci induce a cercare conferme esterne, a basare la nostra felicità su fattori al di fuori del nostro controllo. Quando le cose nel mondo esterno non appaiono come sperato, percepiamo la nostra insoddisfazione come giustificata. Tuttavia, è essenziale chiedersi: Cosa ci impedisce realmente di essere felici e contenti?
Quali barriere interiori ostacolano la nostra pace interiore e una completa soddisfazione?
Accettare ciò che non possiamo cambiare diventa allora una pratica di grande valore. Abbandonare la lotta costante contro gli inevitabili "difetti" del mondo esterno ci permette di ritrovare quella tranquillità interiore tanto ambita. In questa "ricostruzione" dall'interno verso l'esterno, sorge la forza interiore che poi necessariamente si riflette nel cambiamento positivo dell'ambiente circostante.
Nel momento in cui ci rendiamo conto che la vera felicità risiede nel nostro mondo interiore e non è influenzata dagli avvenimenti esterni, iniziamo un processo di trasformazione autentico. Il mondo esterno diventa allora un mero riflesso della nostra serenità e pienezza interiore. Solo sviluppando e nutrendo la connessione con il nostro sé profondo, possiamo realmente manifestare la bellezza e stabilità nel nostro ambiente esterno.
Il cammino della consapevolezza ci insegna che quando smettiamo di cercare conferme e gratificazioni al di fuori, riscopriamo le virtù, poteri e qualità positive che già possediamo. E in questa riscoperta, ci avviciniamo a una vita di naturale contentezza e pace.
In conclusione, lavorare sulla nostra interiorità e accettare il nostro sé autentico è essenziale per creare un equilibrio spirituale che si rifletta positivamente nel mondo esterno. Solo attraverso questa lente interiore, colma di auto-accettazione e gratitudine, possiamo permanentemente spostarci dalla reazione di malcontento alla gioia della completezza, divenendo artefici consapevoli del nostro destino felice.
È tempo... di ricordarci del dono della contentezza, e quel dono è nascosto dentro.
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