pubblicato il 13/02/13

 

Conferenza con Antonella Ferrari - Sede BK Bologna

In hindi contentezza di dice Santosh e Santoshi Mata è la dea che elimina gli ostacoli e che aveva due madri: Riddhi (l'intelletto) e Siddhi (il potere spirituale).
Questa dea oltre a rappresentare la contentezza, simboleggia anche l’amore, il perdono, la felicità, la determinazione e la speranza.
Nella devozione indiana dicono che facendo digiuno e adorandola per sedici venerdì consecutivi, si ottengano pace e prosperità.
Tra i simboli che questa dea tiene in mano ci sono il tridente, la spada, una ciotola di riso e la quarta mano è nella postura di dare benedizioni.
Il tridente rappresenta la comprensione dei tre aspetti del tempo e l’utilizzo dei tre occhi. Questo tipo di saggezza e lungimiranza diventano perdono e determinazione.
La spada è il potere della conoscenza che taglia il male e la ciotola di riso rappresenta l’abbondanza e la prosperità.
La contentezza è un raggiungimento spirituale. Se consideriamo le cose di questo mondo materiale più importanti della nostra identità e dimensione interiore, se le rendiamo la nostra unica fonte di benessere, felicità e soddisfazione, allora lo squilibrio che veniamo a generare automaticamente comprometterà la nostra contentezza.
Nella dimensione materiale sviluppiamo abilità, talenti e capacità che se non vengono bilanciate con una sana consapevolezza rendono contento solo… il nostro EGO.
Quando l’ego è contento cresce, ma l’effetto collaterale è che il cuore si ritira, si “infeltrisce”.
Così l’egoista può avere molto successo ma il suo cuore diventa sempre più piccolo.

La contentezza implica che testa e cuore vadano nella stessa direzione.
Anzi si dice che c’è contentezza quando testa e cuore sono a riposo, ovvero sperimentano confort e felicità.

Cosa dovrei praticare per avere un cuore soddisfatto?

1) La pratica di cambiare linguaggio! Oggi uno dei verbi più usati è voglio …voglio … voglio. La mente si aggrappa ad un oggetto e si stressa, sperimenta paura e perde energia.
La coscienza è in tensione, inquieta perché vuole sempre qualcosa, e spesso a qualsiasi costo, anche della propria pace. La soddisfazione temporanea lascia un senso di vuoto.
Perciò la pratica è di trasformare il verbo volere nel verbo dare.. nonostante sembri difficile in realtà lo sappiamo fare perché l’anima è innatamente generosa.

2) La pratica di vedere oltre il muretto!
Per non farsi coinvolgere e travolgere dalle circostanze, dai commenti degli altri, dalla fantasia di chi pensa in nero.. perché tutto ciò drena via la nostra energia vitale e ci rende tristi e dipendenti.
Utile praticare il distacco, di vedere le cose nella prospettiva di un buon osservatore che prende le distanze, non per allontanarsi o difendersi, ma per capire e rispondere la meglio.

3) La pratica di ascoltare il silenzio. Se alterno suono e silenzio, suono e silenzio, allora genero “musica”. Se il suono non ha pause diventa invece un rumore. Il silenzio mi riporta al mio nucleo, al punto di stabilità interiore, all’occhio del ciclone, o terzo occhio. In quello spazio sacro, la mia immobilità mi rende un saggio spettatore di ciò che accade fuori.

Perciò è vitale per una buona ricetta della contentezza, essere distaccati quando basta, aggiungere l’esperienza del silenzio a volontà e guardare da buoni osservatori quello che accade intorno. Mantenendo il buon umore  si diventa abili nel rettificare quello che non va, o nel tollerarlo, abili nell’immettere leggerezza e calore.

Una bella trappola è dire “Sarò contento se …”  Ma in questo mondo niente funziona. Alcuni pensano che possono essere contenti solo quando tutto funziona…

Santoshima simboleggia anche la speranza…. È bene offrire speranza, non che questo mondo sia perfetto, perché al momento non lo è, ma la speranza che se io cambio, se la mia risposta cambia allora cambia anche l’esterno. Quando assolvo questa mia responsabilità, sono contenta. C’è una profonda soddisfazione nell’allinearsi con la mia verità interiore. Si chiama etica e richiede coraggio.

Una riflessione conclusiva:

4) Sono contenta di me stessa?
5) E le persone intorno a me sono contente di me?

6) E se chiedessi a Dio, Lui è contento di me?

Buona riflessione

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