Recensione Articoli

Il vero perdono

pubblicato il 22/11/12

 

C’è una grossa differenza tra un corpo ferito e i sentimenti feriti. Qualcuno o qualcosa ci può procurare un dolore fisico ma nessuno ci può far soffrire emotivamente….se lo si decide. Ma sembra che siano pochi quelli che imparano a fare una chiara distinzione tra dolore fisico e sofferenza emotiva. Come dice il vecchio adagio il dolore è compulsivo ma la sofferenza è una scelta. A meno che sia cronico, il dolore fisico arriva una volta e poi passa. Ma la sofferenza emotiva tende a permanere più a lungo.


I nostri sentimenti di solito ‘fanno male’ dopo che qualcuno ha detto qualcosa su di noi, a noi, o si è comportato male nei nostri confronti. E questi sentimenti possono durare a lungo a seconda di quante volte ci ripetiamo l’esperienza nella mente. Eppure, se ritorniamo ai giochi che facevamo a scuola  forse ci ricorderemo la canzoncina che diceva:” Bastoni e sassi possono rompermi le ossa, ma le parole non mi feriscono mai”. Ci chiamavamo con orribili soprannomi e ci prendevamo in giro l’un l’altro senza pietà, ma poco dopo continuavamo a giocare come se nulla fosse stato detto. Sfortunatamente, quando cresciamo, tendiamo ad diventare sempre più sensibili a ciò che gli altri  dicono su di noi. Cominciamo subito a prendere le cose personalmente e ci offendiamo facilmente. Perché? L’ego. Quando cresciamo sviluppiamo il nostro ego, che è essenzialmente un’immagine di noi che ci creiamo nella mente. Ci attacchiamo a quella immagine ed essa diventa la nostra identità sottile. E se gli altri dicono o fanno qualcosa che è in contrasto con quella immagine, ci offendiamo e creiamo ‘sentimenti di dolore’. Infliggiamo sofferenza emotiva a noi stessi. Pertanto il principio può essere più o meno questo:”Nessuno può farmi soffrire, ma io uso te (ciò che dici) per far soffrire me stesso”.

Naturalmente stiamo parlando delle nostre emozioni e non del corpo. Quando qualcuno ferisce il tuo corpo, non ferisce te, ma ferisce il tuo corpo. Senti dolore fisico, naturalmente, poiché il corpo invia i segnali appropriati al cervello. Ma i sentimenti di sofferenza, cioè la ‘sofferenza emotiva’ è sempre una scelta. E sembra che molti non ci riescano semplicemente perché nessuno ci insegna ad essere consapevoli delle emozioni che proviamo. E ancor meno impariamo che siamo completamente responsabili del nostro stato emotivo. Rendersi conto che siamo noi i creatori dei nostri sentimenti e che possiamo sceglierli è uno dei passi più significativi verso il ri-potenziamento del sé e del divenire padroni della nostra vita.

Vi sono sette situazioni frequenti in seguito alle quali tendiamo a generare sofferenza emotiva. Esse sono: quando le persone ci insultano, mandano in giro chiacchiere su di noi, ci ignorano, ci rifiutano, ci ingannano, mettono in giro chiacchiere,  ci insultano,ci deludono o ci tradiscono. Sono questi i comportamenti che ‘fanno scattare’ la sofferenza, ma non sono mai ‘causa’ dei nostri sentimenti di sofferenza. Ecco perché.

Mi hai RESPINTO!

Ci sentiamo rifiutati quando interpretiamo gli atteggiamenti e il comportamento nei nostri confronti come non accettanti. Se ciò accade con sufficiente frequenza, cominceremo a cercare prove di rifiuto non appena incontreremo qualcuno. Dentro di noi si sarà installata la credenza che siamo ‘da rifiutare’, che per qualche ragione non meritiamo l’accettazione degli altri. Se questo ci fa soffrire emotivamente, se ci sentiamo feriti dall’apparente rifiuto degli altri, significa che siamo arrivati alla relazione in uno stato di bisogno. Alla base di ogni sofferenza emotiva c’è il bisogno di essere accettati e approvati dall’altro. E’ questo stato di bisogno che si ritrova al fondo di tutte le insicurezze che possiamo provare in qualsiasi relazione. Se riuscissimo a liberarci dal bisogno di accettazione e approvazione da parte degli altri, probabilmente non decideremmo mai di sentirci feriti dal comportamento altrui nei nostri confronti anche se il rifiuto dovesse essere evidente. Non è molto semplice in un mondo in cui veniamo perlopiù educati a costruire il senso di noi stessi in base a come gli altri ci vedono e agiscono nei nostri confronti.

Mi hai IGNORATO!

Talvolta sembra che non vi sia nulla di peggio dell’essere ignorati da un altro. Peggio ancora se si tratta di un gruppo di ‘altri’! Almeno nel rifiuto c’è un certo impegno, un certo riconoscimento della nostra presenza ed esistenza! Si può vivere senza il riconoscimento di un altro? Si può sopravvivere se si è ignorati? Di solito sì. Ma è doloroso emotivamente perché siamo dipendenti dal riconoscimento di chi ci dà il senso del nostro esistere e del nostro valore. Forse l’unico modo per liberarci da un’altra forma di bisogno è quello di affermare la nostra esistenza e di trovare modi per renderci utili agli altri. Essere utili agli altri è il contesto in cui coltiviamo la consapevolezza del nostro merito, del nostro valore. E quando ‘conosciamo’ il nostro valore, che è anche uno dei pilastri più radicati della fiducia in noi stessi, il nostro stato di bisogno sparisce. Allora, se qualcuno ci ignora, OK! E poi, chi sa perché fa ciò che fa. È una sua scelta!

Mi hai MENTITO!

E’ difficile superare il sentimento di essere stati feriti quando si sa che qualcuno ci ha mentito, quando si sa  di essere stati ‘incastrati’, di essere stati ingannati. Ci aspettiamo che gli altri, specialmente quelli che ci sono più vicini, siano onesti, aperti e…sinceri! Perciò non siamo solamente sorpresi quando c’è una menzogna, ce la prendiamo personalmente, e cominciamo a sentirci feriti dall’altro. A volte è una ferita che ci teniamo stretta per molti anni. Ma non è il brutto comportamento dell’altro che ci fa soffrire, è la nostra aspettativa nei suoi confronti. E’ il senso che abbiamo di noi stessi in quanto persona che merita il miglior comportamento da parte degli altri a dare origine al nostro sentirci offesi. E quindi ci arrabbiamo quando ci si comporta in modi che non ci aspettiamo. In modi che non riconoscono ed affermano l’immagine che abbiamo di noi stessi, cioè di qualcuno che merita l’onestà e la sincerità degli altri.

L’unico modo per liberarci della nostra sofferenza è cercare di comprendere. Quando scopriamo il perché sembra che ci abbiano mentito, di solito troviamo che non ha nulla a che fare ‘con me’ e più a che fare con un loro difetto di carattere, la paura di rivelare qualcosa, l’evitare di venire allo scoperto, una strategia per nasconderci qualcosa noi. E’ molto probabile che in qualche maniera li troveremo pieni di paura. Solo la comprensione dell’altro potrà darci la spinta interiore per trasformare la nostra ferita e condanna in comprensione e compassione.

In definitiva il modo più radicale di liberarci dalla sofferenza in quasi tutte le circostanze è quello di lasciar andare tutte le aspettative sugli altri. Ma se ciò rappresenta un percorso troppo lungo forse, per cominciare, possiamo separare la nostra felicità dal soddisfacimento delle nostre aspettative.

Hai fatto PETTEGOLEZZI su di me!

Viviamo nell’epoca dei pettegolezzi. I mezzi di comunicazione li hanno diffusi in molti contesti sociali facendoci accedere alla vita di altre persone e offrendoci l’opportunità di interpretare, commentare e raccontare fandonie sulle attività di altre persone. I social networks ci danno il potere di creare una reputazione di riversarla su centinaia di migliaia di persone quasi istantaneamente. E’ da qui che diventiamo ‘reputazione-dipendenti’! Vogliamo che gli altri ci vedano e pensino a noi in un certo modo, di solito come una brava persona (come minimo) e forse anche come una persona importante (al massimo!) se non una bella persona! Perciò diventiamo dipendenti dall’altrui affermazione circa la nostra bontà, il riconoscimento della nostra bellezza, se non della nostra importanza! Vogliamo essere riconosciuti e diventiamo dipendenti dagli altri per come ci vediamo e sentiamo riguardo a noi stessi. Non sorprende che diventiamo super sensibili a ciò che gli altri dicono di noi. E sorprende ancor meno quando veniamo facilmente colpiti dalla minima osservazione circa il nostro carattere. Talvolta la semplice assenza di ammirazione è sufficiente a farci sentire leggermente …feriti!

A volte incontriamo qualcuno che non si preoccupa molto di ciò che gli altri pensano di lui. Eppure sono persone affettuose e sensibili con cui stare. Potremmo dire che hanno la pelle dura. Dentro di noi, tuttavia, apprezziamo, rispettiamo e ammiriamo persino la loro capacità di non farsi scombussolare dai giudizi, le storie e persino le calunnie che gli altri possono mettere in giro su di loro. Essi sembrano essere interiormente liberi. Non dipendono dagli altri per come si vedono e si sentono riguardo a loro stessi.

Mi hai DELUSO!

“Mi hai deluso. Mi sento molto scontenta di te”. Entrambe sono affermazioni in codice per dire:”Mi hai fatto soffrire!” E’ una delle principali illusioni della società moderna. Questi scambi di solito cominciano nell’infanzia, nella relazione tra genitori e figli. In quei momenti impariamo a sentirci responsabili dei sentimenti degli altri e perciò che gli altri sono responsabili dei nostri sentimenti. Ci hanno impartito lezioni fatali che garantiranno una vita di infelicità scaturita da una dipendenza dagli altri per ciò che sentiamo dentro di noi. L’unico modo per liberarci è renderci conto che nessuno è responsabile per ciò che proviamo, nessuno ci fa mai rattristare. Siamo noi a sentirci giù. E  ‘giù’ generalmente significa che siamo noi a tirarci ‘giù’ da una condizione di felicità e appagamento ad uno stato di tristezza o agitazione…persino quando ‘qualcuno’ è in ritardo di soli cinque minuti!  Talvolta sembra che veniamo tirati ‘giù’ da una inezia. Immagina una vita in cui, indipendentemente da ciò che gli altri fanno o da ciò che qualcun altro dice, tu non puoi fartene rattristare. Riesci a respirare la libertà, la stabilità, la contentezza dentro di te e contemporaneamente avverti la consistente capacità di ‘esserci’ per gli altri indipendentemente da ciò che fanno, o di quanto ‘in ritardo’ o ‘negligenti’ possano essere. Non è ciò che a volte chiamiamo amore incondizionato? 

Mi hai appena INSULTATO!

“Mi sono offesa molto quando mi hanno detto quella cosa. E’ stato un grosso insulto quando ti hanno detto così. Non solo mi sento offeso personalmente, ma mi sento anche offeso per te!” Non diciamo esattamente così ma in effetti ci indigniamo e creiamo il sentimento di venire offesi persino quando ad essere insultati sono gli altri e l’insulto non era diretto a noi. E’ come se ci identificassimo con le sofferenze altrui e vi ci associassimo, con il risultato che soffriamo con loro. Alcuni ricorderanno l’insulto per il resto della loro vita senza accorgersi che la memoria è buona tanto quanto la migliore cella di prigione. Essi si rinchiudono nel ricordo delle immagini e dei sentimenti dei loro momenti di sofferenza emotiva. Poi, forse, un giorno, si accorgeranno che non sono stati loro a venire offesi, ma solo una loro immagine che era in contraddizione con ciò che era stato detto. Potrebbero accorgersi che il ‘sé’, l’io che dice ‘io sono’, non ha immagine. Il sé crea immagini nella mente ma non ha immagini di se stesso! Ciò ci introduce nel territorio spirituale che rappresenta la più profonda libertà che un essere umano possa ‘percepire’. E quando viviamo realmente a partire da questo spazio di libertà interiore, non importa quello che uno ci dice, non avrà affetto. E di sicuro non diremo:”Hai ferito i miei sentimenti”

Mi hai TRADITO!

“Ma l’hai promesso. Hai promesso che non avresti detto niente. Avevi detto che non avresti parlato!” Tutti noi consideriamo una promessa non mantenuta come un tradimento. Il peggiore sembra essere il trasferimento di una ‘promessa di relazione intima esclusiva’ da uno a un altro. Altrimenti chiamata una tresca! I sentimenti feriti vanno in profondità e spesso finiscono per diventare costosi! Ciò che era cominciato come amore può finire come odio pieno di risentimento e le ferite emotive possono durare una vita. Ma, un momento! Perché si piange e ci si lagna tanto? Perché tanta sofferenza emotiva e tanta infinita tristezza? Non si tratterà per caso ancora di aspettative? Non potrebbe essere che sia la dipendenza da un altro a sostenere il nostro ego…ancora una volta?

Non potrebbe essere che non ci siamo accorti che fidarsi di un altro e poi aspettarsi che tale fiducia sia rispettata, mantenuta, confermata sia stato in nostro errore? Chissà che cosa spinge qualcuno a venir meno a un impegno. Ci potrebbero essere migliaia di ragioni, dalla paura alla debolezza. Ma finché ‘ci aspettiamo’, finché ‘dipendiamo’, finché ‘crediamo’ che l’altro non ci tradirà mai, allora possiamo essere abbastanza sicuri che un giorno ci sentiremo colpiti, delusi, devastati, per un breve tempo o un tempo lunghissimo. A meno che! A meno che non realizziamo che la sofferenza emotiva è nostra responsabilità. Finché non realizziamo che abbiamo una scelta. Certamente non una scelta facile in frangenti del genere. Ma non è obbligatorio soffrire. Le persone rompono le promesse. Questa è una realtà sul pianeta terra!

Paradossalmente o forse sfortunatamente, nel bel mezzo di tanta sofferenza potremmo persino arrivare a pensare:”Che cosa ho fatto per essere stata tradita?”, rivolgendo così la pistola emotiva contro di noi. Follia! Così folle da risultare quasi una commedia! Ma in quel momento non sembra così.

E così…il risultato dell’aver compreso che cosa veramente succede durante tutte queste ragioni di sofferenza, è il vedere che non sono ‘gli altri’ a ferire i miei sentimenti, sono io che genero la sentimenti di sofferenza, di solito un misto di tristezza e rabbia. E’ per questo che, a livello emotivo, perdonare l’altro è abbastanza irrilevante. Afferma solamente l’immagine di noi come vittime. E questo è il miglior invito alla replica. Ma c’è un livello più profondo di perdono che ci libera da simili momenti di sofferenza emotiva.

Tutti questi scenari hanno una cosa in comune. C’è un’unica ragione per la quale facciamo male a noi stessi in ciascuno dei setti esempi descritti. E’ la dipendenza. E’ il momento in cui pensiamo:”Non sto ottenendo ciò che IO VOGLIO o non stanno facendo ciò che IO VOGLIO o loro non sono come IO VOGLIO!”

In tali momenti in realtà stiamo dicendo :”La mia vita consiste nell’ottenere ciò che IO VOGLIO. Sono vivo, sono qui, allo scopo di PRENDERE qualcosa”. Ma non è veramente questo lo scopo della vita, non è veramente questo il modo in cui la vita deve essere vissuta, è questo che i saggi e i santi ci ricordano sin dai primordi. Non veniamo qui per PRENDERE qualcosa. Veniamo qui per DARE. DARE noi stessi. Non appena ci rendiamo conto che “la mia vita è PER DONARE” scopriamo il vero significato di perdonare…per dare! E non appena smettiamo di dipendere e di aspettarci qualcosa, il che è solamente un ‘volere’ camuffato, non ci sarà più possibile soffrire emotivamente. E se non si viene più feriti emotivamente, allora l’idea del perdono è irrilevante.

Perciò, quando qualcuno ci pesta un piede in treno, quello è un momento di verità, un momento in cui veniamo messi alla prova. Perdoneremo e dimenticheremo la goffaggine altrui (o il nostro piede fuori posto!) e andiamo avanti, oppure daremo fiamme a una rabbia indignata per il resto del viaggio?

Domanda: Quali delle sette ragioni esposte sperimenti più frequentemente come scusa per creare sofferenza emotiva?

Riflessione: Che cos’è che vuoi/volevi dall’altro che l’altro non ti ha dato/è stato per… te?

Azione: Scegli di donare qualcosa di te alla persona alla quale prima pensavi come causa dei tuoi sentimenti feriti (ora, però, sai che è stata semplicemente uno stimolo!) e nota come questo ‘dare’ risani la tua ferita.

Per iscriversi alla Rajayoga Newsletter mensile e ricevere informazione su corsi, eventi, ricette vegetariane e tanto altro, clicca qui

http://www.rajayoganewsletter.com/newsletter.htm


Commenti

Icona utente Raja Yoga il 17/08/14
Grazie di cuore a te Gio per il tuo toccante commento.
Icona utente gio il 17/08/14
Ciao, ho letto tanti articoli ma questo l'ho capito, cioe' mi ha risvegliato una mia parte che esisteva quando ero piccola e libera di vivere. Il tradimento era il NO ai miei IO VOGLIO IO VOGLIO IO VOGLIO, ti educavano che l'erba del vicino e' sempre piu' verde, che l'erba voglio non nasce nemmeno nel giardino del re e io, ad esempio mi arrabbiavo ma, sapendo che era vero, me la facevo passare eppoi passavo nella fase in cui ero io a coccolare i miei a DARE, questa memoria oggi e' emersa, non sapro' se riusciro' a governare le mie emozioni ma appena posso cerchero' nel mio cassetto quell'immagine in cui baciavo mia madre e l'abbracciavo e provero' meno fisicamente ad offrire qualcosa di altrettanto bello all'uomo che mi ha ferito e trascurato, non ho piu' voglia di farmi definire dalla sofferenza. Grazie

Inserisci un commento

(La pubblicazione è soggetta ad approvazione da parte della redazione.)
*La tua email non sarà pubblicata
Autorizzo il trattamento dei miei dati secondo l'informativa privacy.
Codice di controllo

FacebookTwitterGoogle+Invia per email

Iscriviti alla Newsletter

Privacy Policy      Cookie Policy