pubblicato il 14/11/15

6. Sicurezza interiore

Quando esamino la mia vita, soprattutto da quando ho cominciato a meditare e a interessarmi all’autopotenziamento, mi sembra che ci sia sempre stata una domanda sottintesa: Chi sono io dietro e oltre i ruoli che devo rappresentare?

Negli ostacoli che di tanto in tanto si sono presentati vi è sempre stata questa domanda implicita che attendeva una risposta. Ogni volta che sono riuscito a dare una risposta adeguata, sono stato in grado di affrontarli in maniera chiara e disinvolta.

Per esempio, quando lavoravo come consulente in un grande ufficio governativo in Brasile, c’era una persona che ce la metteva tutta per boicottare il lavoro che svolgevo a causa delle sue ambizioni politiche. Durante la meditazione, riaffermavo quanto segue:

Qualsiasi cosa succeda, io sono un’anima serena e niente e nessuno può distruggere la mia pace innata. Mi trovo su questo piano fisico per rappresentare bene il mio ruolo e per rispettare l’individualità degli altri.

Questa consapevolezza rese la fiducia in me stesso più solida, e grazie a questa forza interiore associata alla professionalità e all’umiltà, riuscii ad avere la meglio su di lui e a far proseguire il lavoro.

Rispondendo nel miglior modo possibile alle continue prove che la vita mi ha presentato, sono riuscito a capire che i miei ruoli in famiglia, al lavoro e nella società sono estensioni dell’essere di pace che sono interiormente.

Una delle conseguenze naturali di questa consapevolezza è stata la creazione di un sistema di priorità personali per mettere ordine nella mia casa interiore. Attraverso la pratica continua sono riuscito a conoscermi meglio e a percepire intuitivamente che cosa è importante per il sé più profondo.

Il vero successo

Questo ci porta a chiederci che cosa significhi veramente aver successo nella vita. Accumulare quanti più titoli, diplomi, beni e amici possibile e lasciare per ultima la mia stabilità interiore?

Ciò vorrebbe dire anteporre tutte queste cose a me stesso, caricarmi sulle spalle il peso del mondo come il dio greco Atlante per ostentare la mia importanza e destrezza.

Oppure successo significa essere sereno, aperto, ben disposto e tranquillo in ogni circostanza? Osservando le due immagini, è ovvio che è molto più facile gestire qualsiasi tipo di pressione quando il vertice è in alto.

Oltre a ciò, la mia vita dovrebbe essere utile agli altri. Per donare amore, pace e felicità agli altri, devo innanzitutto possederli io. Per poter aiutare gli altri, io stesso devo averne la capacità ed essere un esempio per loro. A che serve essere un eccellente predicatore di saggezza se la mia vita pratica non la evidenzia? Il successo che scaturisce dall’autenticità è indiscutibile.

 

Maximo Pace

Ricordo di aver assistito in Argentina a uno spettacolo di burattini che riguardava il vincitore di un premio internazionale per la pace. Maximo Pace, il nome del vincitore, aveva scritto molti libri e da anni lavorava in difesa dei diritti umani, promuovendo la pace tra i popoli.

Alla cerimonia di premiazione riuscì a commuovere fino alle lacrime la giuria e gli spettatori con il suo appassionato discorso. Dopo aver ricevuto il premio, ritornò a casa dalla moglie e dai due figli. Non appena ebbe messo piede in casa, vide che il figlio maggiore aveva i capelli piuttosto lunghi. La discussione si svolse più o meno così:

 

«Figliolo, non ti sei ancora fatto tagliare la zazzera?».

«Ma non hai gli occhi?».

«Non parlarmi così, sono tuo padre!».

«E allora? Che c’entra con la lunghezza dei capelli. A me piacciono così».

«Benissimo, a me non piacciono e se continui a parlarmi in questo modo, prendo un paio di forbici e te li taglio io».

«Provaci!».

Maximo ribolliva di rabbia. Afferrò le forbici e si scagliò sul figlio. A quel punto intervenne la moglie e subito dopo l’altro figlio.

In brevissimo tempo, la casa del vincitore del premio internazionale per la pace si trasformò in una tale baraonda che i vicini dovettero chiamare la polizia!

Se mi colloco al vertice della piramide non è perché voglio ricevere un premio, è perché voglio essere autentico.

Per mettere la piramide in posizione corretta sulla sua base, devo affrontare molte difficoltà, ma poiché la maggior parte di queste si trovano dentro di me, si trovano abbastanza vicino perché io possa gestirle.

Piede grosso, scarpa piccola

La lotta che si svolge al mio interno è tra ciò che sono realmente e ciò che penso di essere. È come mettere un piede grande in una scarpa piccola. Risulta piuttosto doloroso. Se continuo ad usare una scarpa così, mi ritroverò in uno stato di perenne sofferenza.

L’energia cosciente ed eterna che è l’anima deve fare innumerevoli aggiustamenti per sistemarsi nella scarpa temporanea e limitata del corpo. Se insisto a identificarmi esclusivamente con le attrattive e le connessioni effimere della forma fisica, ne pago le conseguenze in termini di sofferenza, disagio e soprattutto insicurezza spirituale.

Questa consapevolezza limitata è molto occupata con le attrazioni dei sensi, i desideri e le aspettative nel tentativo di nascondere l’inganno di fondo rappresentato dagli oggetti dei sensi. Anche se danno l’illusione di essere durevoli, non è possibile conservarli senza che alla fine si logorino. In questo gioco, la realtà della mia vera esistenza viene dimenticata e una realtà temporanea crea automaticamente il suo ordine di priorità che capovolge i miei valori più profondi e genera insicurezza.

Quest’ultimo aspetto mi fa vivere in una ricerca costante di sostegno.

Appigli temporanei

Davanti a un grave pericolo, tutti cercano istintivamente un modo per salvarsi.

Una volta ebbi occasione di salvare dall’annegamento un amico che era inavvertitamente caduto in un lago artificiale. Dovetti avvicinarmi a lui con molta cautela. Era in preda al panico e quando gli arrivai vicino cercò di aggrapparsi mettendomi le mani sulla testa e spingendomi in basso. Dovetti essere più forte di lui. Diversamente saremmo annegati entrambi.

La lezione di questa esperienza mostra esattamente quello che non devo fare se mi ritrovo a dover uscire dal tunnel esistenziale che forse mi sono scavato con le mie mani. Se cerco di aggrapparmi a qualcuno che è altrettanto insicuro, andremo a fondo entrambi.

Sono necessari coraggio, determinazione e più specificamente il sostegno fermo della conoscenza spirituale e la pratica della meditazione. Sono io che devo formarmi una base solida, autonomamente da altre persone e fattori esterni.

Cercare aiuto quando si è in ansia è istintivo, ma generalmente sostituiamo un supporto instabile con un altro ugualmente fragile. Invece di cercare l’aiuto all’interno delle sabbie mobili, cerco qualcosa o qualcuno all’esterno che mi aiuti.

Devo diventare forte per conto mio e trovare sostegni più affidabili.

Oscurità e luce

Vizio e peccato si sono sempre contesi il primo posto nella storia della teologia. Personalmente preferisco la parola hindi vikarma – traducibile, a seconda del contesto, con vizio o peccato – perché ha la connotazione di un’azione fatta contro la nostra verità intrinseca o quella altrui.

Al fine di disciplinare il comportamento umano, sono state imposte molte norme, religiose o di altro tipo. Nonostante ciò, sembra che la luce o la forza spirituale degli esseri umani sia diminuita. Ne possiamo comprendere le ragioni senza diventare moralisti.

Come l’oscurità è semplicemente l’assenza di luce, la negatività dell’anima si manifesta in vari cosiddetti vizi quando la sua luce o forza spirituale si affievolisce.

La luce ha sempre una sorgente, l’oscurità mai. Allo stesso modo non c’è una sorgente che emana negatività umana. Non fa parte della vera natura del sé, ma implica semplicemente la mancanza di energia spirituale. Quando il livello di questa energia diminuisce, i sintomi della negatività si manifestano come rabbia, avidità, arroganza, attaccamento, cupidigia, pigrizia e i loro derivati.

Questi sanskaras negativi sono la materia prima di qualsiasi sofferenza emotiva. Il loro progenitore risiede nella consapevolezza che l’anima o il sé sia il corpo. I loro sostenitori sono le illusioni. La loro progenie è la possessività, la gelosia, l’invidia, la paura, la preoccupazione, l’avarizia, l’indolenza, l’irritazione, l’orgoglio, l’ambizione… l’elenco è infinito.

Se osservo superficialmente il giardino interiore che sono, può sembrarmi solo un ammasso di sterpaglie. Ma anche così, qua e là, posso sicuramente trovare i fiori delle varie specialità, talenti, abilità e virtù. Per farli crescere e sradicare le erbacce, devo rimboccarmi le maniche e mettermi al lavoro. Purtroppo, il giardiniere, o intelletto, ha trascurato il giardino per lunghissimo tempo.

Quando osservo i miei sanskaras attuali, sono tentato di credere di essere sempre stato così e che sarebbe impossibile apportare un cambiamento. Potrei persino domandarmi: come posso trovare pace e amore durevoli quando vedo tanti difetti dentro e intorno a me?

La proliferazione degli aspetti negativi è così diffusa che è facile scoraggiarsi ancor prima di metter mano a una semplice ripulitura di questo giardino. Ciò nonostante, le piccole zolle fiorite e il profumo tra le sterpaglie suggeriscono che il giardino merita di essere recuperato.

Se comprendo realmente che lasciando questo giardino interiore pieno di erbacce ne avrò solamente dei danni, e che è questo il motivo per cui mi trovo a vivere senza troppo impegno o controllo, allora ho bisogno di chiamare a raccolta il coraggio e affrontare la situazione. Solo quando ho un profondo desiderio di ripulire il mio stato interiore, posso cominciare a trasformarlo.

Potere spirituale

Quando il potere del sé aumenta attraverso l’apporto della conoscenza e la pratica della meditazione, la negatività gradualmente scompare come le nuvole disperse dalla luce del sole.

Immagina di essere una lampadina provvista di occhi che cammina e parla. Quando sono spento, posso vedere le cose solo nelle varie gradazioni di grigio e nero. Quando sono acceso, riesco a vedere colori vivaci nelle stesse cose che vedevo prima. Allo stesso modo, osservare la vita da una modalità spenta, fa apparire tutto insipido e poco interessante. Il potere spirituale fa ritornare la voglia di vivere.

Il discernimento nella modalità spento è difficile e ancor di più lo è la comprensione. Se recupero la mia luce e vedo le cose come sono, riesco a comprendere e ad apprezzare la bellezza che mi circonda.

Il problema non è tanto la negatività. È semplicemente una questione di estensione del mio potere. Se sono debole, i sanskaras che sono più correlati ai vizi mi dominano. Se sono forte, non hanno la possibilità di influenzarmi.

Demoni…

Parecchi anni fa, mi divertii molto a una conferenza tenuta da un famoso maestro brasiliano di yoga. Questi domandò ai presenti chi o che cosa credevano fosse il diavolo. Le risposte giunsero spontaneamente: il demonio con il tridente, Lucifero, Satana, non esiste…

Rivolgendosi al pubblico, replicò con calma che nessuna risposta era corretta. Scherzando, disse di guardarci allo specchio quando ci saremmo alzati il giorno dopo e avremmo visto il diavolo. Una risata si diffuse in tutta la sala quando ci assicurò che non c’era niente da ridere.

So che il tipo al quale pettino i capelli, al quale lavo i denti, il mio «amato corpo», è solo il veicolo del sé. Quando mi confondo con esso, tutte le associazioni ad esso correlate sono accese, mentre la vera coscienza dell’anima è spenta. Così nasce la negatività.

Le radici della negatività

La consapevolezza di Io-sono-l’anima e quella di Io-sono-il-corpo sono conflittuali; la prima si nutre di pace, amore e felicità spirituali, mentre la seconda è alimentata dai sensi e dai loro oggetti.

Le forze negative così attivate sono state personificate come Satana o Maya (illusione), o tantissimi altri nomi diversi, ma non esistono veramente. Il diavolo non è un’entità mostruosa e terribile, ma solo un livello di coscienza limitato alla coscienza di corpo.

Non posso accusare nessuno al di fuori di me per queste negatività, poiché esse sono solo sintomi della mia ignoranza e di mancanza di potere spirituale.

Quante volte, dopo esserci arrabbiati, abbiamo detto o abbiamo sentito altri dire:

«Sono fatto così. Sono irritabile per natura. Non posso farci niente».

Ciò dimostra solo il livello minimo a cui si è ridotta la mia luce spirituale e come essa sia stata sostituita da una coltre cupa e scura che impedisce una visione più ampia e di maggiore comprensione.

Non è necessario imparare a riconoscere ogni singolo difetto e lavorare per eliminarlo. Al contrario, ogni volta che mi rifornisco di potere, tutta la mia condizione migliora.

Se le negatività facessero parte del mio stato naturale, perché non mi rendono felice? Invece, è superandole che restituisco a me stesso la felicità.

Oggigiorno, è ampiamente diffusa l’idea che ogni volta che proviamo un’emozione negativa dovrebbe essere espressa, perché è stato riscontrato che reprimerla può danneggiare la personalità.

Ricordando il funzionamento del sé interiore, la ripetizione e l’espressione di sanskaras negativi, per quanto mi procuri un sollievo momentaneo, mi rende anche più dipendente da queste tendenze. La ripetizione di certi schemi di pensiero, di certe decisioni e azioni, li rende più forti.

I vizi sono solo virtù senza potere o direzione. Non ho una doppia personalità, una cattiva e l’altra buona. Io sono una persona buona che è diventata debole. In quanto tale, alle mie virtù manca il potere di manifestarsi positivamente.

La dicotomia tra l’essere un’anima con qualità intrinsecamente buone che non solo ritiene di essere un corpo ma di non averne neanche una visione positiva, è la causa principale di tutte le aberrazioni psicologiche.

 

Io sono un essere illimitato che si considera limitato.

 

La conseguenza diretta di questa consapevolezza è l’insicurezza, a cui fanno seguito vari meccanismi che creano e sostengono una solidità emotiva illusoria. Ecco una serie di cosiddetti vizi che sono all’origine dei nostri difetti e della mancanza di potere.

 

Attaccamento

Quando sono spiritualmente insicuro, mi attacco alle cose per ottenere un’illusione di sostegno, solidità o, in caso estremo, di infallibilità. Questo è mio, quello è mio, tu sei mio. Queste sono affermazioni di attaccamento.

Nella coscienza di Io-sono-un-corpo è naturale che io pensi che le soluzioni debbano provenire dal mondo circostante e pertanto mi impegno per trovare una collocazione in esso, per sentirmi al sicuro.

Di conseguenza, mi procuro oggetti e persone senza accorgermi che per ogni nuova cosa che aggiungo alla famiglia di mio/miei perdo un po’ di potere spirituale.

La conseguenza inevitabile di ciò è l’assenza di forza interiore e una rete di attaccamenti che a sua volta genera preoccupazioni e paure. Senza rendermene conto, ricerco altri appigli e finisco per crearmi ulteriori legami.

A causa degli attaccamenti, comincio a vedere il mondo pieno di minacce. La paura di morire o di cessare di vivere è la principale insicurezza che permea moltissime delle mie azioni e reazioni.

Provo un senso di profonda compassione quando osservo come questa fondamentale ignoranza sia la causa di tante sofferenze umane. Nell’illusione della permanenza, continuiamo insistentemente a tenerci avvinghiati alla rete di vincoli privati quali la famiglia, gli oggetti, le idee e persino le appartenenze culturali e religiose.

L’attaccamento può essere considerato come una delle cause principali di conflitto a livello sociale e individuale e persino a livello internazionale. Si sa che l’origine di tante guerre risiede nell’attaccamento a culture, religioni e teorie politiche che si manifestano come nazionalismi o anche semplice bigottismo.

Nella sua condizione più estrema, l’attaccamento è la totale identificazione del sé con l’oggetto, nel futile tentativo di dare sicurezza allo spirito. L’aspetto ironico è che lo spirito non può ricevere sicurezza da un oggetto.

L’essere è una energia metafisica. La materia non ha mai potuto né mai sarà in grado di fornire la solidità che l’anima richiede. Quando manca la percezione di ciò, l’unica alternativa è creare fantasie di comodità e soddisfazione.

Se penso di essere il proprietario di qualcosa, allora voglio tenermelo vicino il più possibile. Potrei scoprire, con mia grande sorpresa, di essere diventato io una sua proprietà! Ciò si vede chiaramente nelle innumerevoli restrizioni che non mi consentono di muovermi liberamente e serenamente senza pensare se è mio o se mi appartiene.

Tutto ciò che è mio può diventare un tale fardello che la responsabilità diventa sinonimo di preoccupazione. La parola mio si frappone tra ciò che sono e ciò che sto facendo e mi impedisce di sperimentare un vero beneficio.

L’attaccamento è solamente amore limitato e mal diretto che ha l’effetto opposto di quello che si propone, cioè la sicurezza. È solo amore apparente che afferma di poter apportare un appagamento interiore. Promette pienezza, ma conduce solo all’inganno.

Il vero amore ammira la bellezza di un fiore, ma l’attaccamento vuole coglierlo e metterlo in un vaso.

Non devo tuttavia pensare di eliminare improvvisamente tutti i miei attaccamenti e separarmi da tutti i vincoli che ho creato. Devo piuttosto imparare a relazionarmi con le persone e gli oggetti che formano il mio mondo personale con maggior apprezzamento e amore incondizionato. Comprendo quanto la mia precedente possessività abbia impedito la crescita e l’evoluzione negli altri e nelle cose intorno a me. Non nego la mia responsabilità, ma ritorno a un atteggiamento più premuroso, e tuttavia libero, che consente una vera crescita.

 

Ego

Un’altra condizione che emerge come conseguenza dell’insicurezza spirituale è l’ego, il quale può essere considerato amore verso la propria immagine. Tutti sperimentiamo il tentativo di proteggere un «Io» fragile attraverso la creazione di maschere.

Ricordo i primi momenti del mio percorso verso l’autopotenziamento. Ci tenevo a mostrarmi come un essere molto spiritualizzato. Confesso di essermi dedicato molto all’antica pratica: «fingi finché non ci riesci». Fu solo successivamente che mi resi conto di quanto questa simulazione mi costasse in termini di sforzo.

Grazie alla comprensione profonda, cominciai a capire che la via per giungere a una esperienza di pace e di appagamento era l’autenticità basata sul vero rispetto per se stessi.

Quando una delle maschere che l’ego proietta non serve più allo scopo per la quale è stata creata, ve ne sono altre di riserva pronte a venire alla ribalta. Non solo non offrono una vera sicurezza, ma richiedono un’enorme quantità di energia per essere mantenute. Il direttore di una grande società che non si senta sempre in grado di assumersi tutte le responsabilità associate al suo lavoro, potrebbe optare per indossare una maschera:

 

Devo essere forte. Se gli altri sapessero ciò che provo veramente nei loro confronti, che cosa penserebbero?

 

Queste affermazioni private di debolezza sono un chiaro invito a indossare la vecchia maschera. Proiettare l’immagine di essere qualcosa che non siamo è una delle cause principali di stress nel mondo d’oggi.

Le parole persona e personalità derivano da persona, che nel teatro romano voleva dire maschera. Invece di cambiare costume per recitare i vari ruoli, si indossavano maschere diverse. Curiosamente, esse erano fatte di cera, da qui la parola sincero, che letteralmente significa «senza cera».

Essere sinceri e genuini non provoca una perdita di energia, ma produce più forza per procedere, talvolta anche in presenza di situazioni apparentemente impossibili, mentre invece la paura di perdere rispetto è uno dei principali sostenitori di tali situazioni.

La differenza tra il vero rispetto per se stessi e quello apparente è la stessa che esiste tra l’umiltà e l’arroganza. La vera umiltà è rispetto per la mia identità spirituale autentica, mentre l’ego è semplicemente rispetto per l’identità temporanea che si manifesta attraverso una serie di maschere.

Se rispetto me stesso e so che cosa è veramente mio, non dovrei nuocere nessuno nell’esercizio dei miei diritti, neanche me stesso. Posso vincere l’ego sviluppando questo tipo di rispetto per me stesso e per gli altri.

Lussuria

Amare in maniera elevata significa apprezzare profondamente l’intrinseca natura di ogni persona. Le anime sono punti di luce cosciente che posseggono aspetti maschili e femminili. Probabilmente, tutti noi abbiamo vissuto sia in corpi femminili che maschili.

Da questo punto di vista la relazione prevalente tra noi sarebbe quella di essere fratelli. Se l’amore reciproco è fondato su questa visione pura di un essere verso un altro, la frustrazione sessuale e le sue conseguenze rimangono naturalmente sotto controllo.

Posso ammirare la vera qualità di qualcuno senza che la sua forma fisica interferisca o mi distragga da uno scambio di amore vero.

Vanità, gelosia, i tanti giochi della mancanza di rispetto, di prova a prendermi se ci riesci oppure ti amerò se tu mi amerai, emergono solamente quando l’amore è collocato entro parametri molto limitati quali: grado di bellezza, età del corpo, personalità attraente, livello di prossimità nella relazione ecc.

In sanscrito kama traduce sia lussuria che desiderio. Forse perché entrambe, a modo loro, rendono l’anima schiava del corpo, dei suoi gusti e dei piaceri dei sensi. L’anima abbandona la sua sovranità e si mette a disposizione delle voglie non solo degli organi dei sensi ma anche dei loro oggetti.

Visualizza questo punto di luce che è l’anima legato al naso, alle orecchie, alle mani, alla lingua e principalmente agli occhi e attraverso di essi a una serie di oggetti che saltellano e danzano qua e là, spingendolo e tirandolo verso la completa instabilità e la mancanza di controllo.

Poi immagina l’amore dell’anima libero da queste catene, svincolato da qualsiasi forma di pregiudizio e capace di donare incondizionatamente. Un tale amore non vincola né produce turbolenza. Libera e dona potere.

Posso vincere la lussuria cambiando il bisogno di prendere, e imparando a offrire vero amore al mondo e agli altri.

Avidità

Lo stato naturale dell’anima è di appagamento e disponibilità alla condivisione. Non essere vincolato a qualcuno di particolare significa avere il mondo intero come terreno di gioco.

A differenza di molti miei coetanei, ho sempre rifiutato l’idea che per aver successo nella vita occorresse accumulare ricchezza. Osservando quelli che mi stavano intorno e che dicevano di essere «ricchi ma infelici», ho potuto vedere che c’è un processo che conduce all’avidità.

È come se scoprissi che tutti gli attaccamenti che già ho non fossero sufficienti a darmi soddisfazione e sicurezza e perciò ne ricerco altri. Quindi costruisco intorno a me muri di cose materiali all’interno dei quali giro a vuoto seguendo la pista dell’esaltazione personale.

In questo stato di insicurezza, immagino che possedere cose concrete, titoli, fama, riconoscimenti e anche uno stomaco pieno mi renderà stabile nel mondo fisico. Ma l’avidità non fa che privarmi della dignità mentre cado nella trappola di colori, suoni, gusti e supposizioni. Infine giunge la triste presa di coscienza che per quanto io possa ammirare la bellezza delle cose, non ne potrò mai essere il padrone.

Posso vincere l’avidità sviluppando le mie qualità interiori e trasformando la possessività in capacità di essere un buon amministratore degli strumenti fisici, sociali, professionali e familiari della mia vita.

Rabbia

Con i quattro vizi precedenti mi costruisco un castello di illusioni per cercare sicurezza.

Ogni volta che uno di questi muri è minacciato, compare la rabbia come una sentinella posta di guardia sulle merlature. Se qualcuno ostacola un progetto, critica un’immagine che mi sono creato o attacca un oggetto che mi piace, la rabbia scoppia nel tentativo di proteggermi.

È possibile che con improperi e gesti aggressivi essa allontani momentaneamente ciò che minacciava le cose descritte prima, ma non mi darà mai un vero senso di sicurezza. Per quanto pattugli le mura per tutta la durata della mia vita, la rabbia non riuscirà a darmi una sicurezza durevole perché è la negazione stessa di tutto ciò che potrebbe veramente darmela.

Solo il vero amore può garantirmi questo genere di protezione.

Se non ci sono castelli di illusioni, la rabbia non ha ragione di esistere.

Pigrizia

Quando il peso dei possedimenti, delle attrattive e delle maschere esercita troppa pressione sull’anima, si tende ad esaurirsi, scoraggiarsi, ad essere indisciplinati e indifferenti al recupero dell’equilibrio spirituale. L’indolenza spirituale è la voce della negatività accumulata che dice:

 

«Va tutto bene, non ci sono problemi. Perché vuoi meditare? Questa faccenda della spiritualità è noiosa».

 

Dopo aver cercato, con scarsi risultati, di meditare, è la pigrizia che mi fa desistere dicendo:

 

«Questa meditazione non funziona, dovrebbe essere più facile. È troppo difficile controllare i pensieri. Ci riproverò domani».

 

Di fatto la pigrizia garantisce la permanenza della negatività. La cortina del «va tutto bene così, perché dovrei cambiare?» discende sull’anima e in questo modo conserva lo status quo della bancarotta spirituale. La pigrizia è la madre delle scuse che, in realtà, sono solo bugie che racconto a me stesso per non fare quello che devo fare.

La pigrizia è amore per il presente senza considerare il futuro. Per superarla, devo rendermi conto di che cosa sia un vero impegno spirituale ed avere amore ed interesse per realizzarlo.

Eliminare le illusioni

Una delle maggiori illusioni è pensare che qualcosa o qualcuno sia responsabile del mio stato d’animo negativo o della mia rabbia. La legge del karma dice che se creo una situazione negativa essa mi ritorna sotto forma di contrarietà o di provocazione. Perciò non è né la situazione né la persona che mi provocano. Sono io che mi metto in condizione di essere provocato; cioè, sono io che provoco me stesso.

Parimenti, è un’illusione pensare che qualcosa o qualcuno possa essere l’origine della mia felicità e benessere. È solo la mia armonia interiore che può produrre situazioni armoniche.

Posso trovarmi in un luogo spettacolare con la compagnia più piacevole, ascoltare la musica più celestiale con il mio piatto preferito davanti – tutto quello che mi piace di più – ma se non sto bene con me stesso non riuscirò a godermi niente.

Togliere le maschere

Per vivere con allegria esteriormente, e preoccupati, confusi o tristi interiormente, ricorriamo all’uso di molte maschere per compensare la differenza che esiste tra la condizione interna e quella esterna.

Una volta ho visto una vignetta che mostrava due persone che si incontravano per strada. Entrambi indossavano una maschera teatrale sorridente e si salutavano dicendo: «Ciao, come stai oggi? Bene, com’è andata la festa ieri? Fantastica…». Ma dietro le maschere il vero volto mostrava un cipiglio. Come sarebbe la vita se vi fosse un sorriso vero sul mio vero volto interiore?

Comprendere che sono qui non solo per dedicare la mia vita ad una particolare famiglia o professione, è fondamentale. Sono qui per sviluppare il mio vero potenziale usando la situazione che la famiglia e il lavoro mi fornisce come punto di partenza per realizzare cose più importanti.

Chi si trova in missione segreta usa tutta una serie di travestimenti ben fatti, ma sa con certezza di non essere quei travestimenti. Allo stesso modo, anch’io sono qui sulla terra in missione per crescere spiritualmente e per aiutare gli altri a fare altrettanto. Tutti i vari ruoli sono i travestimenti che uso per crescere e aiutare a crescere. Naturalmente, adempio i miei compiti verso la famiglia, gli amici e il lavoro al meglio delle mie capacità, ma ho anche un altro compito molto elevato: ritrovare la mia completezza e ispirare gli altri a fare altrettanto.

Quando questa consapevolezza si manifesta, i diversi aspetti della mia vita cominciano ad essere sotto controllo. Grazie a questo controllo, i pensieri, le parole e le azioni cominciano ad assecondare la mia vera natura. Ciò rende più solida la consapevolezza di me stesso, la quale, a sua volta, incrementa la comprensione e la mia correttezza essenziale. È così che trasformo gradualmente tutti i processi negativi e conflittuali al mio interno.

Man mano che la pratica meditativa diventa più sincera, la mia missione si rivela con maggior chiarezza. Apprendo che nel sé c’è potere sufficiente.

Una volta il Mahatma Gandhi disse:

 

«Sulla terra c’è abbastanza per soddisfare i bisogni di tutti, ma non per soddisfare l’ingordigia di pochi».

 

Nel mondo vi sono risorse sufficienti perché la vita sia dignitosa per tutti, ma la maggior parte è malamente impiegata per sviluppare progetti inutili o persino pericolosi, per sostenere la corruzione o le guerre o le egemonie politiche ed economiche. Più dei due terzi della popolazione mondiale non ha abbastanza da mangiare.

Se le risorse fossero distribuite secondo i principi della fratellanza e dei fondamentali diritti umani, vi sarebbe cibo e riparo per tutti.

Da un punto di vista spirituale, tutto ciò che accade nel mondo esterno accade prima dentro gli individui. Internamente c’è una cattiva distribuzione di energia e capacità a causa di ciò che si ottiene dalle proprie realizzazioni. C’è una mancanza d’impiego delle virtù, un’inflazione delle negatività, una mancanza di coraggio, un sovraffollamento di pensieri e una serie di altri disturbi che costituiscono la causa principale dei problemi individuali. Individui problematici creano un mondo problematico.

Scopro le mie potenzialità nel momento in cui riesco a liberare l’energia intrappolata nel mantenimento delle maschere egoistiche. Possiedo l’energia ma è utilizzata in maniera sbagliata per mantenere le illusioni. Una volta liberata da questa disfunzione, essa comincia ad operare a mio favore.

 

La vera felicità è direttamente proporzionale alla realizzazione del mio pieno potenziale.

 

Se osservo la mia vita, vedo che c’è veramente molto amore. Si manifestano innumerevoli opportunità per dare e ricevere l’energia dell’amore puro, ma spesso la indirizzo dove non dovrei e ignoro ciò che dovrei amare con tutto il cuore. Quando l’amore si fissa esclusivamente su qualcosa o qualcuno di temporaneo, smette di fluire e comincia a stagnare.

Se, per esempio, per tutta la vita riverso tutto l’amore sulla mia identità fisica, quando il corpo muore l’anima ne riceve uno shock enorme:

 

«Ho trascorso tutta la vita pensando di essere quella forma ed ora che devo lasciarla, che cosa farò? Dove andrò?».

 

Se la realtà è che io sono qualcosa di completamente distinto dalla forma corporea, non dovrei attendere il momento in cui mi separo da essa per rendermi conto e sperimentare i benefici di questa grandissima verità, la più grande di tutte. Posso liberarmi dalle restrizioni che la consapevolezza di essere un corpo mi impone.

Se sono spiritualmente forte non ho bisogno di dipendere da qualcuno o da qualcosa. Al contrario, posso aiutare gli altri a conquistarsi la propria indipendenza.

Rispetto di sé

Poiché ho una individualità eterna e devo essere sempre me stesso, è meglio disciplinare questa relazione con me stesso al più presto possibile.

Questo fatto è di grande ispirazione per mettere in ordine le cose dentro di me, perché le uniche registrazioni che porterò con me da questa vita saranno quelle relative a ciò che ho fatto realmente e non quelle che ho solo pensato di fare.

L’insieme dei tratti della personalità che ora si chiama Elena o Francesco o qualsiasi altro nome, continuerà. Quando il corpo muore, il nome rimane solo sulla lapide, ma la mente, l’intelletto e la personalità che sono me, continuano.

Posso lasciare tutto e tutti, ma non posso lasciare ciò che sono.

Quindi riconosco la futilità che c’è nel cercare di creare amore per me stesso raccogliendone pezzetti da questo o da quello:

 

«Se riesco a farmi amare da lui, da lei o dalla mia famiglia, allora forse riuscirò ad amare me stesso».

 

Non funziona così. Posso generare il rispetto per me stesso solo attraverso l’autorealizzazione, perché l’amore comincia da me. Se riesco a manifestarlo, le mie relazioni con gli altri saranno automaticamente rispettose. Se non sto bene a causa dei miei difetti, allora avrò la tendenza a vedere solo i difetti degli altri. Forse hanno il 95% di virtù, ma la mia attenzione sarà catturata esclusivamente dai loro difetti.

La mancanza di rispetto per me stesso è dovuta al fatto che non mi vedo elevato. Se mi limito a osservare il mio aspetto superficiale, forse non troverò molto di cui essere veramente orgoglioso. A giustificazione di ciò, dirò che l’arroganza è connaturata alla condizione umana.

Quando accade qualcosa di terribile, punto il dito contro Dio e affermo che è la Sua volontà. Poiché Egli è ovunque e ha creato queste cose, io non ne sono affatto responsabile.

E così continuiamo a inventarci delle scuse, perché al sé non piace sentirsi a disagio. È molto più facile prendersela con qualcuno o rivedere la mia versione personale della realtà che apportare i cambiamenti necessari.

La conclusione è che qualsiasi cosa io faccia è pro o contro di me.

Io sono un essere di pace

Om Shanti è un’espressione sanscrita che riassume l’essenza di tutta la conoscenza spirituale. Significa, io sono un essere pieno di pace. È questa consapevolezza che favorisce qualsiasi progresso spirituale. Nel caso in cui dovessi trovarmi fuori strada o in una situazione avversa, un metodo semplice di ritornare nella giusta direzione è quello di affermare: Om Shanti, non faccio parte di questa confusione. Io posso andare oltre.

Questa è la prima, la seconda, la ventesima e l’ultima lezione della scuola della vita. Quando giungerà l’ora della morte del corpo fisico, anche in quell’istante ho bisogno di dire a me stesso:

 

«Io sono un’anima. La mia vera natura è pace e sto per lasciare questo vecchio costume. Il corpo non serve più, devo andare avanti».

 

Meditazione 7

Praticare la meditazione è come lanciare in acqua un salvagente per salvare il rispetto di sé. Siediti in una posizione comoda e genera i seguenti pensieri:

 

Porto la consapevolezza al centro della fronte… la mia forma è quella di una scintilla di pace e serenità… Come un osservatore distaccato, sono consapevole del mondo dei suoni e del movimento intorno a me… Ma niente di ciò che sento e vedo possono allontanarmi dalla consapevolezza della mia identità eterna… Nulla può cambiare ciò che io sono in essenza...

Che bella questa essenza divina e luminosa che percepisco di essere… Io sono l’incarnazione della pace, dell’amore e della purezza… In modo semplice riassumo la mia vera identità… Le maschere dei miei ruoli si dissolvono all’apparire del mio vero autorispetto… Mi sento incredibilmente leggero… Nulla mi trascina… Sento che la mia vera natura è salda… Sullo schermo della mente mi visualizzo nella mia dimora spirituale… Libero, semplice,completo…

Io sono un piccolo punto di luce cosciente in una costellazione di altre stelle. Assaporo la mia vera individualità e tuttavia mi sento collegato alle altre anime… Irradio le mie qualità essenziali all’universo intero… Pace… Amore… Potere… Saggezza… Purezza…

In questa condizione mi sento lontano dai ruoli e dagli eventi del mio mondo fisico… attaccamenti e frustrazioni non possono raggiungermi… Sono un osservatore distaccato ma colmo di amore… che guarda il palcoscenico delle mie azioni con comprensione… e con l’entusiasmo necessario a promuovere le opportune trasformazioni….

Rimango ancora qualche istante oltre il piano fisico e… lentamente… ritorno al mondo delle attività nel quale posso personificare i miei tanti ruoli in questo stato di rispetto di me stesso…



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